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Tanaro da salvare. Come una bestia in gabbia

Cavallo: «Il fiume non è un elemento da cui difendersi e costringere in un alveo più o meno stretto o cementificato, ma una porzione del nostro ambiente»

TANARO TESORO DA SALVARE Roberto Cavallo è amministratore delegato della cooperativa Erica (che vuol dire: educazione, ricerca, informazione, comunicazione ambientale) di Alba. Dal 1996 – la cooperativa nasce dopo la tragica alluvione che colpì il Sud Piemonte due anni prima, per guardare all’ambiente sia in termini di comunicazione che di supporto tecnico a enti pubblici e organismi privati – si batte per la diffusione a livello scientifico e operativo di buone pratiche. Cavallo ha scritto La Bibbia dell’ecologia (Elledici, 2018), un corposo manuale che contiene i precetti fondamentali per la salvaguardia degli ecosistemi.

Tanaro da salvare. Come una bestia in gabbia
Roberto Cavallo

Cavallo, qual è lo stato reale del Tanaro, in particolare nell’Albese?

«Frequento il fiume nel tratto che scorre dal ponte albertino di Pollenzo fino al ponte di Neive, percorrendo la pista ciclabile (o ciò che ne resta dopo la piena del 2000, che ha compromesso parte del tracciato) e i sentieri che si sviluppano sulla destra orografica. La situazione è contraddittoria. Da un lato, osservando la fauna, in particolare gli uccelli, potrei affermare che la situazione è migliore rispetto agli anni Ottanta. D’altro canto non vedo manutenzione e presidio costanti: pare piuttosto di assistere a interventi di tipo straordinario per la messa in sicurezza delle comunità umane. Questa logica, per quanto comprensibile, non risponde al necessario equilibrio uomo-fiume».

Dunque, come possiamo recuperare questo rapporto, in concreto?

«Per capire gli elementi naturali l’uomo deve frequentare il fiume e conoscerne le dinamiche. Per questo sogno un Tanaro i cui argini siano sempre più popolati, come in parte già accade grazie alle persone che vi transitano in bicicletta o utilizzano le prode per correre o camminare. Si deve vedere il fiume vicino, sentirlo. Occorre una miglior manutenzione delle sponde e una gestione periodica e costante degli elementi vegetativi. Questo presidio farebbe diminuire gli abbandoni di rifiuti – ancora troppo frequenti –, eviterebbe gli scarichi abusivi e non depurati – tuttora esistenti –, migliorerebbe certi interventi, come la canalizzazione delle acque con lastre di amianto, visibili in alcuni punti non lontano dal carcere albese».

Dalle sue parole sembra che il legame antico tra uomo e natura sia andato perduto, a favore di dinamiche utilitaristiche.

«Il fiume non è un elemento da cui difendersi e dunque costringere in un alveo più o meno stretto e cementificato, ma è una porzione del nostro ambiente, con una vita e una dinamica da rispettare. Il Tanaro non è diverso da un animale al quale dobbiamo voler bene invece di costringerlo in una gabbia per paura che ci morda o ci graffi. Questa mancanza di sentimento porta a identificare una serie di criticità. Ad esempio, la scarsa manutenzione dell’ambiente fluviale nel suo insieme, la perdita di equilibrio biotico con il proliferare di alcune specie a discapito di altre, la mancanza di aree in cui il fiume possa sfogare la sua energia, l’abbandono di rifiuti (solidi e liquidi) nelle vicinanze o direttamente nel corso d’acqua».

Matteo Viberti

Tanaro, tesoro da salvare

QUANDO NUOTAVANO GLI SQUALI E AL POSTO DI ALBA C’ERA IL MARE

Tanaro da salvare. Come una bestia in gabbia 1
Scavi sul greto del Tanaro per recuperare importanti reperti di epoche lontanissime: grazie ai recenti ritrovamenti del geologo Edmondo Bonelli sappiamo che qui vivevano le balenottere.

Un tempo c’erano i tropici, le palme, il caldo. Alba non era Alba, una terra fatta di colline o vigne, ma di acqua e sabbia. La fotografia di un passato antichissimo è costruita da Roberto Cavallo, presidente della cooperativa Erica (si veda anche l’intervista di questa pagina), il quale ci spiega: «Ho frequentato il Tanaro fin da piccolo, quando mio padre mi ci portava con i grandi paleontologi come Carlo Sturani, Jean Gaudant dell’Università di Parigi o Dirk Nolf dell’Institut royal di Bruxelles. Andavo a studiare (o meglio: loro studiavano, io li accompagnavo) la geologia e i fossili. Mi sono innamorato del fiume. Pochi sanno che il Tanaro scorre sul letto di una formazione geologica testimone di un periodo importante per la terra e il bacino stesso del Mediterraneo. Circa sei milioni di anni fa, il punto in cui si trova oggi Alba era un mare tropicale in cui si specchiavano grandi palme e sequoie, popolato anche da squali. Grazie ai recenti ritrovamenti del geologo Edmondo Bonelli, sappiamo che qui vivevano anche balenottere, mentre lungo le rive passeggiavano specie simili a piccoli mammut. Se abbiamo questa consapevolezza, perché non fare tesoro delle scoperte e realizzare un parco con percorsi ad hoc, con la possibilità di “stare dentro” al fiume? Ci sarebbe da imparare e vivremmo meglio il rapporto con il nostro prezioso elemento naturale».

Sara Elide

I tre effetti sulla salute

L’uomo moderno s’immagina separato da ciò che sta attorno, come se la propria pelle fosse un confine protettivo impenetrabile. Invece tutto è sistema: danneggiando il contesto, ammaliamo il nostro organismo

La cooperativa Erica, che da Alba si batte per sensibilizzare sulle tematiche ambientali, elenca i tre processi principali che spiegano perché la salute del fiume sia direttamente connessa alla salute umana.

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1 I CONTAMINANTI INDUSTRIALI. L’influenza sull’uomo è legata al rischio di presenza nell’acqua di contaminanti che richiedono uno sforzo notevole di pulizia da parte dell’impianto di depurazione attivo sul fiume, con il rischio di non riuscire sempre a contenere gli elementi pericolosi. Spiega Roberto Cavallo: «Da questo punto di vista possiamo ritenerci fortunati, perché le industrie presenti lungo il Tanaro sono sempre state piuttosto attente; ma non possiamo affidarci esclusivamente alla buona volontà dei singoli: occorrono cooperazione costante tra cittadini, istituzioni e imprese, nonché monitoraggio costante della qualità dell’acqua». E aggiunge: «Basta leggere le analisi di recente pubblicate sulla qualità dei fiumi di Londra o Milano per rendersi conto che, accanto ai contaminanti tipici di attività industriali, si individuano elementi riconducibili al comportamento dei singoli. Ha fatto scalpore il ritrovamento nelle acque potabili di Londra di significative tracce di Prozac, o di cocaina in quelle di Milano. Mi auguro che Alba non soffra di depressione né di tossicodipendenza, ma queste analisi non sono mai state esperite».

2 I CONTAMINANTI AGRICOLI. Cavallo: «Il Tanaro attraversa territori fortemente agricoli, ma ciò comporta per un verso il rischio d’incrociare contaminanti provenienti dai terreni coltivati o dagli allevamenti; per altro è possibile che l’acqua utilizzata per irrigare contenga sostanze non conformi e ci torni nel piatto attraverso i prodotti della terra».

3 FLORA E FAUNA. La presenza di contaminanti altera l’equilibrio e induce problemi per la biodiversità, in modo simile a quanto accade per l’ampliarsi della monocultura vitivinicola sulle aree collinari. Proprio a causa dell’impatto antropico spariscono gli insetti, si riducono le popolazioni, sottraendo ricchezza alla natura, che risulta indebolita. Se il “sistema immunitario” dell’ambiente è fiacco, anche quello umano – collegato ad esso in innumerevoli modi – ne risulterà condizionato. Purtroppo, l’uomo moderno si immagina come una monade, separato dall’attorno. Come se la propria pelle fosse un confine protettivo impenetrabile. Invece tutto è sistema: danneggiando il contesto ammaliamo il nostro organismo.

s.e.

PER LEGAMBIENTE CUNEO BISOGNA DENUNCIARE GLI ABUSI DELLE AZIENDE E DI CHI GETTA I RIFIUTI

Gianfranco Peano è il rappresentante di Legambiente Cuneo. Con il progetto VisPo, lanciato a inizio 2018, l’associazione cerca 230 volontari di età compresa tra i 18 e i 30 anni per un’attività di pulizia del Po – vessato come il Tanaro dal fenomeno dell’abbandono dei rifiuti – e di valorizzazione dell’ecosistema (per informazioni: www.legambientepiemonte.it).

Spiega Peano: «Il problema della spazzatura è legato soprattutto alla plastica. Sulle sponde dei corsi d’acqua piemontesi, anche sulle rive del Tanaro, le persone adottano comportamenti irrispettosi. Le aziende che scaricano i reflui nei torrenti o nei fossi concorrono ad aggravare la situazione. Per questo speriamo che le persone che ogni giorno vivono il fiume Po possano denunciare gli abusi». In effetti, il problema dei rifiuti sembra crescere di giorno in giorno.

Tanaro da salvare. Come una bestia in gabbia 2

A livello nazionale Legambiente ha lanciato un progetto di monitoraggio su oltre 70 parchi pubblici italiani, per un totale di 7.400 metri quadri. Sono stati trovati oltre 23mila rifiuti, in media 3 ogni metro quadro. A farla da padrone – nonostante dal 2016 una legge vieti di gettarli per terra, con sanzioni dai 30 ai 300 euro – sono i mozziconi di sigaretta che rappresentano il 37% dei materiali raccolti. Seguono pezzi di carta (9%), tappi di bottiglie e linguette di lattine in metallo (7%) e plastica (6%), che si conferma il materiale più trovato. L’assenza d’incentivi al comportamento corretto contribuisce alla gravità della situazione: come denunciato da Legambiente, i cestini della differenziata sono presenti solo nel 13% delle aree verdi.

Matteo Viberti

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