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Tanaro da salvare. L’uomo martoria le acque

L’impianto di Canove di Govone depura i reflui di 27 Comuni della zona e si sta lavorando per ricevere anche quelli di Bra. Preoccupanti i valori in entrata degli scarichi

TANARO TESORO DA SALVARE Il principale impianto pubblico di depurazione sul Tanaro è quello gestito da Sisi (Società intercomunale servizi idrici). Localizzato al confine tra le province di Cuneo e Asti in località Canove di Govone, questa realtà di servizi nasce nei primi anni ’80 con la costituzione del consorzio Alba Nord, con l’obiettivo di razionalizzare il sistema fognario dei Comuni soci mediante la realizzazione di un unico collettore dotato di diverse diramazioni, a servizio della città di Alba e di undici Comuni del Roero, oltre che di un unico impianto di depurazione.

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Oggi l’impianto, a seguito di interventi di ampliamento e adeguamento, serve 27 Comuni con un’estensione della rete consortile di circa 160 chilometri, garantendo il trattamento dei reflui civili e industriali del bacino di Langhe e Roero.

È stata completata la costruzione della quarta linea acque e del terzo digestore anaerobico, grazie ai quali viene garantito il rispetto, con ampio margine di sicurezza, dei parametri di legge. Di recente sono stati ultimati i primi lotti dei lavori per la quinta linea acque, che consentono di incrementare la capacità depurativa sia in termini di volume che di carico inquinante, nel rispetto dei limiti di legge.
L’operazione è parzialmente finanziata dai fondi comunitari Fsc (fondo per lo sviluppo e la coesione) e ha come ulteriori finalità l’eliminazione del depuratore comunale della città di Bra e di piccoli e obsoleti impianti dei Comuni soci.

Vediamo i principali dati di processo dell’impianto di depurazione di Canove. Per quanto riguarda il Cod (domanda chimica di ossigeno), il limite di legge è 125 mg/l. Se in uscita (ovvero dopo che l’acqua è entrata nel depuratore, è stata purificata e quindi esce dall’impianto) il livello è pari a 33 mg (il risultato è eccellente), analizzando i dati in ingresso il parametro diventa inquietante: ben 387 mg/l. Oltre tre volte il limite. Significa che l’acqua del Tanaro prima di essere depurata risulta “ammalata”. In parte si tratta di una caratteristica fisiologica: un elemento “non pulito” è per definizione inquinato.
Prima di tirare le conclusioni proseguiamo però nella consultazione delle tabelle: il risultato drammatico è replicato dal parametro N, l’azoto. Il limite di legge è stabilito a 10 mg per litro, e mentre il depuratore svolge il suo ruolo alla perfezione (la media in uscita è pari a 7,3 mg/l), in ingresso il livello è pari a 19,7. Quasi due volte il limite.

Tanaro da salvare. L’uomo martoria le acque

Sul fronte del fosforo (P) il dato è migliore, perché con un limite legislativo stabilito a 10 mg/l si registra una media in ingresso pari a 2,8 mg/l e in uscita pari a 0,3 mg/l. Infine il valore cosiddetto Sst (acronimo di solidi sospesi totali, facilmente associabile alla torbidità dell’acqua), che ripete la problematicità dei numeri iniziali: se il limite di legge è 35 mg/l e in uscita dal depuratore il livello presentato dal Tanaro è pari a 5,8 mg/l, in ingresso il valore è pari a 207 mg/l. Circa sei volte superiore. Questi dati dimostrano chiaramente che a monte del depuratore il fiume viene martoriato da un’azione umana invasiva e incurante.

m.v.

Tanaro, tesoro da salvare

40 milioni di litri al giorno

Gian Piero Moretto, presidente della Sisi, spiega come con il filtraggio ogni 24 ore l’impianto impedisca a 30mila chili di materiale inquinante di finire nel fiume

Parliamo con Gian Piero Moretto, presidente della Società intercomunale servizi idrici Srl (Sisi), che con il supporto dei suoi tecnici spiega il funzionamento dell’impianto di depurazione e riflette sullo stato di salute del fiume.

L’impianto di Govone assolve a una funzione importante: come riduce il carico inquinante dei reflui in entrata e quali sono i benefici per il fiume Tanaro?

«Sì, l’impianto di Govone fa un ottimo lavoro. Gli oltre 40 milioni di litri depurati ogni giorno vengono immessi nel fiume Tanaro con un grado di abbattimento degli inquinanti che rispetta ampiamente i limiti di legge».

Quindi nonostante le acque in ingresso al depuratore siano inquinate, possiamo dire che, a seguito del processo depurativo, il Tanaro goda di buona salute?

«Possiamo sicuramente affermare che, tramite il depuratore, evitiamo di far confluire ogni giorno oltre 30mila chili di sostanze inquinanti nel fiume, quindi per quanto concerne le acque inquinate che arrivano al nostro impianto l’obiettivo è sicuramente raggiunto. Per quanto concerne la salute generale del fiume, non possiamo esprimerci, essendo molti altri i fattori che impattano su di essa e che determinano il risultato qualitativo finale. Ovviamente quando si verificano prelievi sconsiderati di acqua, lunghi periodi siccitosi, sversamenti abusivi o altri fattori di criticità, parimenti a tutti gli altri fiumi, anche il Tanaro va in sofferenza».

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Dunque bisogna preoccuparsi? Come fare per migliorare questa situazione?

«Non bisogna preoccuparsi, se tutti fanno il loro dovere. Occorre che le imprese, anche di piccole dimensioni (che versano i loro reflui trattati direttamente nei fossi, nei rii, negli affluenti minori e dunque in ultima istanza nel Tanaro) rispettino le prescrizioni di legge. Anche per quanto concerne il comparto agricolo, dovrebbero essere limitati gli eccessivi utilizzi di prodotti chimici che, con il dilavamento, convergono nel Tanaro».

Matteo Viberti

MASSIMO SCAVINO SULLE DUE GRANDI CAVE ASSICURA: «NESSUN PERICOLO PER L’AMBIENTE»

Spiega l’assessore albese all’ambiente Massimo Scavino in merito alla situazione estrattiva sul fiume Tanaro: «È attualmente in corso, da parte della Provincia di Cuneo, la procedura di autorizzazione per il progetto di coltivazione della cava Biglini 9, la cui istanza è stata presentata dalla società Stroppiana Spa. L’attività estrattiva proposta è situata in località Biglini e interessa un’area d’intervento suddivisa in tre distinti lotti con una superficie totale pari a 60mila metri quadri, un’area effettiva di scavo pari a 44mila metri quadri e un volume utile di 90mila metri cubi».

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Inoltre, prosegue l’assessore, «è in corso di validità l’autorizzazione per l’ampliamento della coltivazione mineraria con recupero ambientale della cava di sabbia e ghiaia denominata Vaccheria 2, rilasciata alla società Saega Spa. L’estensione interessata dall’attività è pari a 101mila metri quadri. La potenzialità estrattiva stimata nell’intero intervento è pari a circa 192mila metri cubi di materiale utile». Cosa significa erodere l’elemento naturale a scopi di produzione? Esiste un pericolo per la natura? Dal punto di vista ambientale, assicura Scavino, per Alba e il suo corpo idrico non sussistono problemi legati all’impatto di queste operazioni.

v.g.

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