Carlo Calenda: i mutamenti tecnologici viaggiano a 300 all’ora mentre la politica va a rilento

Carlo Calenda: La politica deve accordare i mutamenti tecnologici che viaggiano a 300 all’ora con la società che procede a ritmi molto più lenti

SERRALUNGA «Lavorare è un prerequisito indispensabile per chi vuole fare politica» con queste parole  Oscar Farinetti ha introdotto la lectio magistralis di venerdì 15 febbraio alla Fondazione Mirafiore. Destinatario degli onori di casa Carlo Calenda ex ministro per lo sviluppo economico del governo Gentiloni e ideatore del manifesto Siamo europei (iniziativa pro Ue che vuole portare sotto lo stesso tetto tutte le forse progressiste italiane in vista  delle elezioni europee del 26 maggio).

Chi è Carlo Calenda

Carlo Calenda nasce a Roma nel 1973, figlio della regista Cristina Comencini, nipote di Luigi Comencini (Pane, amore e fantasia film in cui diresse Vittorio De Sica), una laurea in giurisprudenza ed esperienze manageriali in Ferrari e Sky, debutta in politica coordinando l’associazione Italia futura (fondata da Luca Cordero di Montezemolo). Nel 2013 viceministro per lo sviluppo economico nel governo Letta, dopo la conferma di Renzi è stato inviato a Bruxelles in qualità di rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue. Nel 2016 torna alla guida del dicastero per lo sviluppo che detiene sino al passaggio di consegne con Di Maio, ha lavorato ai dossier Ilva ed Embraco.

Calenda ha presentato il suo ultimo libro Orizzonti selvaggi-capire la paura e ritrovare il coraggio. «Nell’89 avevamo vinto, sembrava che la storia fosse finita, davanti a noi si dischiudevano gli orizzonti del progresso in un “mondo piatto” senza differenze: gli esordi del mondo globale promettevano un’era nuova in cui le  merci che circolavano libere avrebbero sostituito le identità nell’ottimistica previsione che non ci sarebbero stati problemi ne disuguaglianze», ha esordito Carlo Calenda. «Trent’anni dopo quel programma è a pezzi e ha trascinato con se in una rovinosa implosione quei partiti occidentali che lo hanno promosso.  Cosa è successo?». Passando speditamente dai dati impietosi sulla mobilità sociale al collasso (dall’80% dell’età dell’oro ante 1973 al 40% attuale) all’analisi del caso Embraco (l’azienda di Riva di Chieri assorbita dalla Whirpool a rischio delocalizzazione in Slovacchia) il politico Dem (l’iscrizione al Pd dopo la“debacle” del 4 marzo) si è discusso della stagione storica dell’occidente. «Ci troviamo di fronte a un fallimento paragonabile al collasso del comunismo, abbiamo scoperto i lati oscuri del mondo globale che ha certo ridotto tassi di povertà e analfabetismo ma tutto ciò ha avuto un costo».

Carlo Calenda: La politica deve accordare i mutamenti tecnologici che viaggiano a 300 all’ora con la società che procede a ritmi molto più lenti

Il mastodontico processo di delocalizzazione di posti di lavoro (circa 750 milioni secondo le stime) diretto dall’Occidente con l’obiettivo di innescare la domanda dei beni prodotti nei paesi teatro della ricollocazione delle aziende ha avuto ripercussioni epocali sulle classi medie degli stessi paesi promotori, ripercussione che hanno assunto il volto del timore e dell’incertezza. «Gli operai della Embraco sono l’esempio paradigmatico di chi ha pagato i costi del post ‘89» ha aggiunto l’ex ministro. «È vero, come diceva Bill Clinton opporsi alla sfida globale è come fermare il vento con le mani ma non significa che la politica debba rinunciare a gestire le trasformazioni».

Dopo l’abdicazione al mito tecnocratico, al quale le forze politiche si sono adeguate, è ora necessario tornare alle origini. «Il compito al quale noi politici siamo chiamati è quello di tornare ad accordare i mutamenti tecnologici che viaggiano a 300 all’ora con la società che procede a ritmi molto più lenti solo così potremo evitare effetti esplosivi», ha illustrato. «Il progresso e la società procedono su due binari diversi, il fine del primo è, per citare il filosofo Emanuele Severino (raffinato interprete di Nietsche), accrescere il proprio potere  non servire la società, quindi averne paura non è da cretini come dicono alcuni».

La legge sacra della rappresentanza conferma il suo punto di vista: «Il problema dell’Italia non sono Salvini o i 5 stelle», ha ammonito Calenda. «Il problema è il contesto in cui può germogliare un pensiero basato sullo slogan più sicurezza meno libertà perché non si hanno altri mezzi per affrontare l’incertezza presente». Nell’inaugurazione di un nuovo umanesimo la panacea contro i mali di un presente in cui l’analfabetismo funzionale (capacità di comprendere il contenuto di un testo di qualsiasi tipo) ha raggiunto vette del 27% e un italiano su due non legge un libro in un anno. «La tecnologia si può acquistare ma non c’è una vera ridistribuzione delle ricchezze senza una distribuzione equa delle conoscenze», ha concluso lanciando una provocazione.  «Dovremo passare dal reddito di cittadinanza al diritto all’educazione di cittadinanza eliminando l’immagine che vede la cultura appannaggio delle sole “elites”». L’Europa è il fulcro di questo progetto che vede il Pd impegnato in uno sforzo che trascende il partito stesso in un continente che deve darsi nuovi modi di governo. «L’Italia deve riprendere il suo posto fra i paesi fondatori e alleati naturali» ha terminato «insieme dobbiamo mettere ogni forma di localismo in stile Visegrad di fronte a un aut-aut perché si precisino le condizioni di permanenza in Europa associando investimenti sul lavoro alla protezione»

Davide Gallesio

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