C’è chi ha i mezzi ma non le ragioni per vivere

PENSIERO PER DOMENICA – VI TEMPO ORDINARIO – 17 FEBBRAIO

Le beatitudini, proclamate da Gesù, che quest’anno leggiamo nella versione di Luca (6,17-23), sono le utopie di un visionario o una raffigurazione della condizione umana molto più realistica di quanto possa apparire a prima vista? Intanto sono un messaggio per tutti: di speranza per i poveri, di invito alla conversione per i ricchi.

Un’immagine realistica della condizione umana è offerta già da Geremia (17,5-8). I suoi sono toni profetici e riflettono lo stato d’animo di un giovane uomo, oltraggiato e perseguitato fin quasi a perdere ogni fiducia nella bontà del genere umano. Usa immagini parlanti – due alberi piantati, l’uno in terra arida, l’altro lungo un corso d’acqua – per esprimere la diversa sorte di chi confida nell’uomo o in Dio. Immagini che parlano anche a noi che abbiamo confuso la felicità con il benessere materiale, che soffriamo la sete perché non abbiamo più ragioni per vivere e guardare al futuro con fiducia.

C’è chi ha i mezzi ma non le ragioni per vivere

Le parole di Gesù aprono scenari alternativi. Sono una provocazione. Come si fa a dire: «Beati (cioè felici!) voi poveri, voi che avete fame, voi che piangete…»? Eppure Gesù ha detto proprio questo: troppe testimonianze concordi ce ne danno conferma! È vero che anche i discepoli hanno colto in pienezza il messaggio solo dopo la risurrezione. Come conferma il passo della prima lettera di Paolo ai Corinzi (15,12.16-20), la risurrezione di Gesù è la chiave interpretativa della sua vita, del suo messaggio e delle conseguenze per noi: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede», anche la fede nelle beatitudini! Noi che, come i Corinzi, viviamo dopo la risurrezione dobbiamo però cogliere la portata del messaggio di Gesù.

Le beatitudini sono un giudizio sulla società e sulla storia. Da sempre gli uomini cercano la felicità. Ultimamente facciamo molta fatica a trovarla e a goderne in modo stabile. Abbiamo abbandonato le vie tracciate da Gesù, non abbiamo voluto credere che la felicità viene dall’amore e dalla condivisione, che una vita spesa per amare è una vita felice, anche nelle difficoltà. Allora “sono guai”. E per rendercene conto non dobbiamo nemmeno aspettare la vita dopo la morte; basta che ci guardiamo intorno. La rincorsa al benessere sta creando stress, insicurezza, competizione estrema, insoddisfazione crescente: la civiltà dell’abbondanza offre, a pochi, mezzi in eccesso per vivere, ma non ragioni per vivere. Queste forse dobbiamo aspettarle dai poveri, certo da coloro che accolgono e si lasciano guidare dalle parole di Gesù.

Lidia e Battista Galvagno

Banner Gazzetta d'Alba