Ecco come nascono grandi uomini e frutti buoni

PENSIERO PER DOMENICA – VIII DEL TEMPO ORDINARIO – 3 MARZO

Il Vangelo di questa domenica (Lc 6,39-45) è la conclusione del “discorso della pianura”. Potremmo leggerlo come una serie di indicazioni per camminare sulla strada delle Beatitudini. C’è un tema dominante, collegato con la prima lettura (Sir 27,4-7): la lotta all’ipocrisia e all’uso sconsiderato della parola. In questo abbiamo quale criterio di valutazione dei nostri comportamenti lo stesso Gesù, la guida sicura, perché «un discepolo non è più del maestro».

Ecco come nascono grandi uomini e frutti buoni
Un’anziana donna intenta a setacciare il riso.

Può fare da guida solo chi conosce e vede la strada, chi ha in sé luce e profondità interiore adeguate, se no rischia di rovinare sé e gli altri. Era la lezione anche di Platone, nel celebre “mito della caverna”: solo chi è uscito e ha contemplato la verità può fare da guida ad altri. Altra condizione per fare da guida è il corretto uso delle parole. Guai se la guida usa parole a caso! Come suggeriva già il Siracide, «non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini». È impossibile valutare da sé la correttezza delle proprie parole: queste devono essere sottoposte al confronto, che funziona come un setaccio. L’immagine è bellissima per chi ne conosce il funzionamento: setacciando, le minuzie insignificanti o i semi dannosi cadono, le cose più leggere vengono in superficie e possono essere eliminate. Rimane il prodotto buono.

Tre sono i setacci con cui valutare le parole, secondo un aneddoto attribuito a Socrate e che sembra un commento alle indicazioni del Siracide. Il primo è quello della verità: controllare se quello che dici è vero. Il secondo setaccio è quello della bontà: verificare se le parole che dici contengono qualcosa di buono. Il terzo setaccio è quello della necessità: ciò che dici è necessario? «Se ciò che stai per raccontare non è né vero, né buono, né necessario», concludeva il saggio filosofo, «allora lascia stare».

Per fare da guida servono profondità e una coscienza formata, perché «ogni albero si conosce dai frutti» e «l’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene». Ma la coscienza richiede formazione ed educazione; altrimenti può deformarsi come un albero che cresce storto! Nessuno può formare da solo la propria coscienza: la formazione può avvenire solo in un contesto educativo, familiare, sociale ed ecclesiale. Il punto di arrivo è poter dire come Bonoeffer: «Gesù Cristo è diventato la mia coscienza». Questa diventa allora, ci ricorda Enzo Bianchi, un «luogo per pensare, davanti a Dio». È da questa profondità che nascono i grandi uomini e i frutti buoni.

Lidia e Battista Galvagno

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