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Maculinea arion, la farfalla che si finge formica, è a rischio in Langa

Maculinea arion, la farfalla che si finge formica, è a rischio in Langa 2

L’Arpa Piemonte e l’Università di Torino stanno svolgendo per conto dell’Ispra un programma pluriennale di ricerche idonee a valutare gli effetti dei fitosanitari sulla biodiversità nei vigneti

AMBIENTE L’intelligenza di alcuni insetti è strategica, complessa e meravigliosa. La maculinea arion è una farfalla che incarna un prodigio in modo sorprendente: sceglie con cura la pianta di origano o timo su cui deporre le uova, in base alla distanza che la separa da un formicaio. Così, dopo la schiusa, le larve cadono a terra e vengono raccolte dalle formiche, che le portano nella loro “casa”. Viene cioè attuato un complesso procedimento di mimetismo chimico: la maculinea arion “inganna” gli imenotteri, facendosi credere una di loro. Inoltre, grazie a un similare procedimento di mimetismo acustico, la farfalla accresce l’interesse delle formiche: viene dunque nutrita, elevando il proprio stato sociale nella gerarchia del formicaio.

È un esempio di perfezione naturale che accade pure nelle Langhe. O, meglio, accadeva, perché la maculinea è in via di estinzione: l’agricoltura intensiva ne mette a rischio la vita. La conservazione delle aree rurali, il mantenimento di adeguate altezze erbose e il contenimento dei trattamenti di fitosanitari sono azioni imprescindibili per proteggere la bellissima farfalla.

Arpa Piemonte e Università di Torino stanno svolgendo per conto di Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) un programma pluriennale di indagini sugli effetti dei fitosanitari sulla biodiversità in vigneto. E pure le Langhe sono state analizzate. I risultati del lavoro saranno disponibili nelle prossime settimane.

Noi parliamo intanto con una delle ricercatrici, la professoressa di zoologia presso l’Università di Torino Simona Bonelli, che spiega: «Le farfalle sono una specie ombrello: facilmente campionabili e ben conosciute. Ci raccontano lo stato di salute dell’ambiente in cui vivono e, soprattutto, di quegli invertebrati che occupano selettivamente lo stesso habitat, ma sono difficili da monitorare. Come dimostrato da tanti lavori scientifici, le farfalle rispondono velocemente ai cambiamenti indotti dall’uomo, pertanto il loro declino preannuncia il declino di altri gruppi a ciclo più lento che risponderanno ai disturbi anche più severamente, ma con tempi diversi, come piante e uccelli».

In altre parole, i lepidotteri nel territorio sono un termometro di salute dell’ecosistema: se spariscono o si ammalano, tutta la catena vitale di flora e fauna verrà impoverita, intralciata. In Langa sono state analizzate alcune porzioni a vigneto: al momento il più ricco di specie tra quelli indagati (27 specie campionate) ospita il 32 per cento del pool regionale, equivalente a 86 specie. Bonelli: «I vigneti possono anche tracciare elementi rari di biodiversità, come le specie protette dall’Unione europea. Nello studio è stata ritrovata, ad esempio, la farfalla maculinea arion. Questo esemplare, protetto dalla direttiva Habitat, predilige i pendii esposti a Sud come quelli coltivati a vite».

Insieme alla farfalla, è stata rinvenuta anche la pianta nutrice, cioè dove l’insetto depone le uova. Tutto appare intrecciato: flora e fauna, aria e terra. Ma la specie maculinea arion è considerata in via di estinzione. Non solo nelle Langhe, ma a livello europeo, perché le piante nutrici non esistono quasi più.

Conclude la ricercatrice torinese: «La possibilità di convivenza di questa specie con le coltivazioni è in molti Paesi europei considerata l’unica via di sopravvivenza per il lepidottero. È però necessario mettere in conto un basso impatto di fitofarmaci: le larve della farfalla vivono infatti per nove mesi l’anno nel suolo, all’interno dei formicai».

I trattamenti mettono in pericolo la maculinea arion, da cui dipende l’habitat circostante: un prodigio naturale che rischia la sparizione.

Matteo Viberti

Ramarro, zigolo nero e lucciola già scomparsi nei vigneti

Gli insetti nelle Langhe sembrano essere sempre meno numerosi. Perché questo esodo? Spiega Enrico Rivella, ricercatore di Arpa Piemonte: «Le cause di impoverimento possono essere diverse: senza dubbio il numero elevato di trattamenti fungicidi che si svolgono in vigna (che non tenderà a diminuire con la grande variabilità climatica degli ultimi anni), i trattamenti insetticidi obbligatori per combattere la flavescenza (che abbattono anche gli organismi utili: non fanno eccezione i prodotti biologici), per non parlare degli erbicidi – per fortuna diminuiti negli anni più recenti. L’insieme di tutti questi pesanti trattamenti contribuisce al costituirsi di un agroecosistema in cui la componente vivente è trascurata, mentre in un habitat naturale ricco di vita troviamo, ad esempio, fiori come le orchidee. Uccelli come lo zigolo nero, che nidificava proprio nei vigneti, sono scomparsi. Così come il ramarro, specie tutelata dall’Ue». Conclude Rivella: «Molto c’è ancora da fare per migliorare la gestione ecologica dei nostri filari.

Ad esempio, riconoscere le piante nell’interfilare non come antagoniste, concorrenti della vite, ma come delle fondamentali compagne con cui possono dialogare le radici. Inoltre, è necessario non trinciare alla prima fioritura, così intrappolando tutta la fauna di insetti associata. Infine, bisogna curare la rigenerazione del suolo, che cingolati e trattori gommati compattano, passando anche venti volte l’anno ed eliminando quella porosità per la quale si possono poi sviluppare i fondamentali microrganismi simbionti».

The guardian: il quaranta per cento degli insetti in difficoltà

“Si percepisce oggi l’imminenza di un crollo, ma si evade nella minimizzazione o si contrappone la negazione. Qualcosa scricchiola: non  è troppo tardi, ma ognuno dovrebbe combattere ora.

Facciamo il punto su una situazione d’immediata urgenza. Partiamo dall’analisi dello scenario internazionale. A metà febbraio il giornale inglese The guardian ha pubblicato una revisione  di 73 studi secondo cui più del 40% delle specie di insetti in tutto il mondo rischia di estinguersi in pochi decenni. La riduzione avverrebbe al ritmo del 2,5% all’anno, con un tasso di estinzione otto volte più veloce rispetto a quello di mammiferi, uccelli e rettili. Le conseguenze? Gli insetti proteggono il corretto equilibrio dell’ecosistema, della riproduzione di piante e fiori, in ultimo dunque della stabilità naturale e della salute umana. Perché spariscono? La ricerca pubblicata dal Guardian indica come cause la perdita dell’habitat e la conversione all’agricoltura intensiva e all’urbanizzazione, l’inquinamento da pesticidi e fertilizzanti sintetici, il cambiamento climatico.

Gli scienziati esortano a un rapido «ripensamento delle attuali pratiche agricole, in particolare serve una seria riduzione dell’uso di pesticidi, sostituendoli con pratiche più sostenibili  ed ecologiche. Inoltre, dovrebbero essere applicate le tecnologie più efficaci di bonifica, per pulire le acque inquinate sia in ambienti agricoli che urbani». Gli insetti, numericamente, superano l’umanità di 17 volte. La stessa proporzione e il medesimo rischio esistono anche ad Alba. In una conferenza organizzata di recente dall’associazione Ithaca, Gabriele Volpato, dell’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo, ha spiegato: «Ancora pochi lo sanno, eppure i lieviti naturali che utilizziamo per i vini sono trasportati nell’ambiente dalle vespe», lasciando intendere così che non soltanto il settore vitivinicolo potrà patire la loro progressiva scomparsa, ma la struttura naturale come la conosciamo ne subirà le conseguenze.

m.v.

Comunità Laudato si’ di Gazzetta d’Alba: si è deciso il percorso per i mesi a venire

Maculinea arion, la farfalla che si finge formica, è a rischio in LangaIn Alba si respirano fermento, attivismo e mobilitazione sul fronte ecologico. Una pratica, quella in difesa della natura, che sembra costituirsi come filo rosso che unisce una collettiva appartenenza. Il 18, presso la sede di Gazzetta d’Alba, si è riunito per la prima volta il gruppo operativo della neonata comunità Laudato si’, persone animate dalla motivazione di intervenire a favore della natura.
Nei prossimi mesi sono molti gli appuntamenti in carnet: le passeggiate lungo le sponde del Tanaro con l’accompagnamento del geologo Carlino Belloni, che ha spiegato: «Il fiume non è conosciuto e amato dai cittadini: bisogna però imparare a frequentarlo». Altri progetti riguardano le attività sportive (pesca, bicicletta, escursioni); la lettura commentata dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, con la guida di don Antonio Sciortino, direttore del mensile San Paolo Vita pastorale; una campagna rivolta agli alunni delle scuole per sensibilizzare sull’utilizzo dei mezzi pubblici; inoltre, quale finalità costitutiva del gruppo, il sostegno al progetto del centro studi denominato Casa futuro, dedicato alla formazione delle persone su tematiche ambientali, da realizzare nelle zone terremotate della diocesi di Rieti.
È possibile aderire o chiedere informazioni, scrivendo all’e-mail: mariagrazia.olivero@stpauls.it.

m.v.

Anche i noccioleti possono nuocere a grilli e lucertole

Enrico Rivella è un tecnico di Arpa Piemonte, agenzia pubblica che si occupa di monitorare con attenzione gli andamenti dell’ambiente.

Maculinea arion, la farfalla che si finge formica, è a rischio in Langa 1

Nelle Langhe e nel Roero si osservano popolazioni di insetti molto meno numerose rispetto ad alcuni decenni fa. È vero Rivella?

«Il fenomeno della riduzione progressiva delle specie non riguarda solo quelle che più colpiscono l’immaginazione – le lucciole e le erbacee che chiazzavano di colori i campi di grano sono ricordo dei tempi che furono –, ma anche specie più comuni e facilmente osservabili o udibili fino a pochi anni fa, come i grilli, le lucertole o gli uccelli».

Quali sono le cause?

«La distruzione degli habitat, l’urbanizzazione, la diffusione di nuovi patogeni e di specie introdotte a causa della maggior circolazione di beni e persone, il cambiamento climatico. Fattori che accompagnano lo sviluppo delle società metropolitane ma anche la conversione all’agricoltura intensiva, con la conseguente diffusione di pesticidi e fertilizzanti sintetici».

Sembra che il rapporto dei contadini con la terra sia cambiato.

«In Langa e Roero viene da chiedersi quanto del legame con la natura, fatto di osservazione e rispetto, sia ancora il movente delle pratiche colturali. L’ecosistema sta seguendo l’evoluzione innegabile del contesto produttivo agricolo. Segnalazioni di criticità giungono anche da zone considerate serbatoi di biodiversità, come l’alta Langa, che ha mantenuto un equilibrio tra colture e ambienti seminaturali».

Anche i noccioleti possono recare problemi?

«La grande diffusione che stanno avendo i noccioleti sembra adottare le medesime logiche dell’agricoltura industriale. Fino a pochi anni fa si coltivava nelle esposizioni più convenienti alla pianta e in appezzamenti tutto sommato contenuti, che consentivano la coabitazione simbiotica con le aree seminaturali. Ora si coltiva anche in zone non vocate, su grandi estensioni con continue lavorazioni meccanizzate, facendo tabula rasa della vegetazione. Impoverendo flora e fauna del suolo si infligge un grande danno alle coltivazioni. Tutto ciò porta alla necessità di trattamenti chimici, che nei noccioleti causano anche una deriva (dispersione nell’ambiente) maggiore a causa dell’altezza delle piante».

m.v.

 

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