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Nella galassia Moscato si cerca una rotta sicura

Nella galassia Moscato si cerca una rotta sicura

SANTO STEFANO BELBO In occasione dell’incontro sulle prospettive della complessa e articolata filiera dell’Asti e del Moscato proposto dal Consorzio di tutela e dall’Associazione dei Comuni lunedì 18 febbraio, i viticoltori hanno risposto all’appello riempiendo il salone della Croce rossa. Gli interventi del presidente del consorzio Romano Dogliotti e dei consiglieri della parte agricola – Stefano Ricagno, Flavio Scagliola e Filippo Molinari – hanno preso in esame in particolare il calo delle vendite dell’Asti, che nel 2018 si è stabilizzato intorno ai 54 milioni di bottiglie, con una sensibile diminuzione rispetto ai dati del periodo 2008-2011, nonostante il settore spumanti sia in crescita nel commercio vinicolo mondiale. Anche il Moscato ha subito una leggera flessione in controtendenza agli anni precedenti. Procede ancora con cautela l’Asti secco, ma la sua vita è piuttosto giovane e rimangono aperte potenzialità: si parla di volumi intorno ai tre milioni di bottiglie per un prodotto lanciato poco più di un anno fa.

Ricagno si è soffermato sull’importanza dei sorì – voce piemontese per indicare, se si lasciano da parte alcuni aspetti, quelli che i francesi chiamano cru – del Moscato, sostenendo l’importanza di ottenere il loro riconoscimento, con la conseguente possibilità di indicare queste menzioni geografiche aggiuntive in etichetta e ottenere un altro prezzo di mercato della materia prima. Una commissione di tecnici dovrebbe delimitare i vigneti che potranno avere l’indicazione. Ricagno ha terminato: «C’è bisogno di trovare una forte coesione nella parte agricola del consorzio, in modo da poter avviare un efficace piano di valorizzazione del Moscato d’Asti e dell’Asti con tutte le componenti della filiera. Se ci sono volontà e unità d’intenti, i progetti si elaborano e le risorse si trovano».

Gli interventi dei relatori hanno puntualizzato il ruolo delle cooperative e la necessità di una modifica del disciplinare. Molto seguite le parole di Giovanni Bosco, presidente del Coordinamento terre Moscato. Con ironia ha evidenziato che prodotti come il radicchio hanno otto diverse indicazioni geografiche, mentre il Prosecco, altro vino con molte denominazioni, ha sfondato quota 500 milioni di bottiglie vendute: solo trent’anni fa era quasi sconosciuto. Importante è la precisazione in etichetta dell’origine, ma è prioritario che venga indicata obbligatoriamente la provenienza delle uve nelle etichette dei cosiddetti spumanti aromatici. Luigi Icardi, nella doppia veste di sindaco di Santo Stefano Belbo e presidente dei Comuni del Moscato, ha messo a fuoco il problema più sentito dai viticoltori: il calo del reddito agricolo, che non riguarda solo le famiglie degli imprenditori del settore, ma ha ricadute negative sull’intera zona. Ha citato la continua perdita di vigneti in zone di alto profilo pedoclimatico, come i sorì; ha accennato al dissesto idrogeologico che comporta spese enormi per i piccoli Comuni. E ha concluso: «Che diritto abbiamo di distruggere quello che intere generazioni, con fatica e sudore e anche speranze, hanno creato su queste colline?»

Con questi segnali di mercato, la platea per alzata di mano ha chiaramente annunciato di non voler sbloccare alcun quintale di uva in più, neanche uno dei cinque per ettaro previsti nella riserva. Una posizione ferma, importante e positiva, che nel disegno economico attuale non può che far bene per il futuro.  Non sono mancate le critiche sull’operato del Consorzio dell’Asti, rivolte anche a quella parte agricola eletta dal popolo come suo portavoce, ma che si dichiara in grande difficoltà a lavorare, scontrandosi continuamente con i rappresentanti dell’industria.

Durante l’intervento del sindaco Icardi ha parlato Mario Sandri, viticoltore e consigliere del Consorzio dell’Asti. Fanno riflettere i semplici numeri che ha esposto: dati precisi su ricavi e costi di gestione di un ettaro di vigneto a Moscato. A fronte di un reddito a ettaro di 9.222,5 euro – resa a 85 quintali e prezzo dell’uva calcolato in base all’accordo professionale di 108,5 euro – se si considerano i costi – affitto, assicurazione, ammortamenti, fitofarmaci, concimi, manodopera, rimpiazzo fallanze, spese di vendemmia – il saldo negativo è di 1.172 euro, senza contare, sottolinea Sandri, il costo della burocrazia.

l.t. e f.g.

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