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Armi di distrazione di massa in campagna elettorale

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo 1

Vittima di una stagione di propaganda elettorale permanente, l’Italia entra adesso nella campagna per le elezioni europee e, in essa, il Piemonte anche per quelle regionali. Due consultazioni diverse per gli obiettivi istituzionali, ma che coincidono entrambe nella data del 26 maggio e sono tra loro intrecciate per aspetti importanti.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Le elezioni europee daranno forma al nuovo Parlamento Ue, quelle regionali alla futura amministrazione del Piemonte: entrambe saranno un doveroso esercizio di democrazia rappresentativa da rafforzare con la più ampia partecipazione possibile, viste le importanti poste in gioco in entrambe le consultazioni.

Dal risultato delle elezioni europee dipenderanno i nuovi equilibri politici nell’emiciclo di Strasburgo: da questi discenderanno successivamente, oltre le alleanze tra gruppi politici per la presidenza del Parlamento, anche il ricambio dei vertici della Commissione europea e del Consiglio europeo dei capi di Stato e, a novembre, quelli della Banca centrale europea. Sarà un percorso complesso, reso più complicato del solito dalla confusa vicenda di Brexit, e determinerà il governo per il prossimo quinquennio delle istituzioni Ue e per i prossimi otto anni della Banca centrale.

Per il Piemonte, toccherà alle prossime elezioni dare un buon governo alla Regione, un ente locale responsabile di politiche importanti che comprende, tra le competenze concorrenti con lo Stato, “i rapporti internazionali e con l’Unione europea” (art. 117 della Costituzione).

Uno dei nodi particolarmente sensibili per l’intreccio Stato-regioni è sicuramente la quota importante del bilancio regionale proveniente dalle risorse finanziarie europee. Definite di comune accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri, queste risorse si inseriscono in una programmazione settennale (si sta concludendo il periodo 2014-2020) e quindi nel quadro di un bilancio annuale europeo che, per il 2019, ammonta a poco meno di 150 miliardi di euro. Un importo rilevante, anche se equivalente ad appena l’1% della ricchezza Ue, affidato alla gestione della Commissione europea in dialogo con gli stati nazionali.

Traggono origine anche di qui i rischi, nella campagna elettorale in corso, del ricorso a possibili “armi di distrazione di massa”.

La prima, brandita dai nostrani plotoni “sovranisti”, consiste nell’accusa all’Ue di dare all’Italia meno di quanto essa contribuisce al bilancio comunitario. Come se il bilancio fosse una semplice “partita di giro” e le ricadute dell’Ue per i Paesi membri non fossero molto più ampie (come, in particolare, l’accesso ai mercati europei e internazionali), dimenticando che è nell’interesse di tutti un’economia in buona salute in tutti i Paesi membri, come bene hanno capito senza troppo lamentarsi Germania e Francia, entrambi “contributori netti” con differenziali molto più alti dell’Italia. Peraltro, il nostro Paese è “contributore netto” solo in questo primo scorcio di secolo, dopo essere stato “beneficiario netto” nei vent’anni precedenti.

Altra “arma impropria di propaganda” consiste nell’occultare che una parte rilevante del differenziale negativo delle risorse Ue in Italia risulta dall’incapacità nazionale di spendere correttamente, e alle scadenze previste, i fondi che ci sono attribuiti con il risultato di perdere importanti opportunità per l’Italia. Una responsabilità da qualcuno ingiustamente attribuita – altra spuntata “arma di distrazione di massa” – all’attuale amministrazione del Piemonte che invece risulta tra le prime tre regioni italiane per la gestione dei fondi comunitari e prima in Italia per l’utilizzo dei fondi per la cooperazione territoriale europea.

Confonderebbe ulteriormente il cittadino elettore la furbata di qualche parlamentare europeo che lasciasse credere essere suo il merito della destinazione di risorse comunitarie che, una volta deliberate dalle autorità di bilancio (Parlamento e Consiglio europeo), sono allocate localmente d’intesa tra la Commissione europea e gli stati nazionali e tra questi ultimi e le regioni. Il tutto con buona pace del Parlamento europeo e dei loro membri che hanno altre importanti missioni, ma non quella di foraggiare clientele locali.

Franco Chittolina

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