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Gianni Oliva, Storia della Resistenza alla libreria La Torre

Gianni Oliva, Storia della Resistenza alla libreria La Torre

ALBA La grande storia della Resistenza 1943-1948 è l’ultimo lavoro di Gianni Oliva, edito da Utet: l’autore lo presenterà alla libreria La torre venerdì 5 aprile, alle 21.

Professore, quali considerazioni l’hanno portata a scrivere il volume?

«Esistono decine di migliaia di articoli, memorie, storie locali che indagano la Resistenza. Ma curiosamente esistono solo due storie generali che propongono uno sguardo globale sul periodo (Breve storia della Resistenza italiana di Roberto Battaglia e Storia dell’Italia partigiana di Giorgio Bocca). Entrambi testi preziosi ma pubblicati molti anni fa. Nel frattempo il dibattito sulla Resistenza si è modificato e il mio lavoro cerca di fornire una visione globale».

E include anche il periodo postbellico.

«Sì, il concetto va esteso fino al 1948: a mio giudizio, perché l’eredità della guerra di Resistenza è la Costituzione. Un documento che è testimonianza di una pluralità di visioni politiche che si sono riunite nella comune lotta antifascista. La varietà ideologica è stata fondamentale per creare un gruppo dirigente consapevole di quanto fossero preziosi i diritti civili e sociali per cui ci si era battuti».

Perché quegli anni continuano a essere oggetto di dibattito?

«Nell’immediato dopoguerra non si sono fatti i conti con l’epoca fascista. La classe dirigente, a livello nazionale, non fu completamente rinnovata, anche perché la guerra partigiana non aveva interessato tutta la Penisola. Con il tempo i nodi sono venuti al pettine. In una prima fase è prevalso il racconto romantico e virile della guerra partigiana. Un racconto parziale e non di rado mitologico, che ha tralasciato di indagare aspetti peculiari della guerra civile».

Ad esempio?

«Va sfatato il mito di una sollevazione popolare capace di liberare, autonomamente, l’Italia dall’occupazione nazifascista. La Resistenza non fu un’esperienza significativa dal punto di vista militare, la sua importanza va ricercata nella spinta morale che diede al Paese. Un ottimo esempio è offerto dal Cuneese dove il movimento partigiano fu sostenuto dal mondo contadino, nonostante le gravi difficoltà economiche e la violenza dei rastrellamenti».

E il revisionismo?

«Nel dopoguerra esisteva un revisionismo nostalgico che ritengo, in questo momento, minoritario. Esiste però una corrente di pensiero alimentata da certa letteratura che intende smontare l’immagine del partigiano-eroe. Non c’è dubbio che siano stati numerosi gli episodi di giustizia sommaria, d’altra parte occorre storicizzare, comprendendo che la guerra civile implica sempre un tasso di violenza esacerbata. La lotta contro il fascismo, un regime ventennale alleato con forze di occupazione straniere, non poteva risolversi in modo incruento».

a.d.

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