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Il Laboratorio Chabas salva R. dallo sfratto e lancia l’allarme emergenza abitativa

Il mattone torna a tirare in Piemonte: Alba-Bra-Cherasco triangolo di punta

Ad ALBA sono oltre mille gli alloggi sfitti. Decine invece le strutture in disuso, che potrebbero essere riqualificate e consegnate ai più deboli. Eppure, tutto rimane fermo. E le famiglie in lista d’attesa (dunque aventi i requisiti necessari) per ottenere le case popolari sono oltre 200. Un paradosso estremo, considerando come le attenzioni della politica con i conseguenti investimenti confluiscano verso il comparto turistico o quello enograstronomico. A causa di queste inadempienze, sono molti gli sfratti. Ad esempio quello della persona che chiameremo R. Per fronteggiare questa situazione il Laboratorio sociale Chabas è sceso in campo.

Spiegano dal Laboratorio: «R. non ha ancora cinquant’anni. Vive ad Alba con la figlia di undici anni e il figlio di quattordici in un bilocale: dormono nella stessa stanza. R. ha un’invalidità del 46%, tanto da non consentirle più di svolgere i lavori di pulizia che permettevano di tirare avanti; poco per garantirle un sussidio». R. è sotto sfratto, una delle tante vittime del mercato e del progressivo disinvestimento pubblico dalle politiche abitative: «Ogni volta interveniamo per sostenere le ragioni di R., ottenere una proroga dello sfratto trovando una mediazione con il diritto del proprietario: il Consorzio ha stanziato 500 euro per coprire le spese condominiali di luglio e agosto e consentire di arrivare ai primi di settembre senza oneri per il padrone di casa. Che purtroppo rifiuta. Alla fine l’assistente del Consorzio riesce a trovare una soluzione dignitosa per 6 mesi alla famiglia: R. può respirare, ma ancora non ha trovato una soluzione definitiva».

E concludono: «Il problema è politico e va risolto politicamente. Il nostro obiettivo è aumentare la disponibilità degli alloggi a canone calmierato in città. Bisogna rendere fruibili gli alloggi popolari in attesa di ristrutturazione: sono pochi, ma è folle che ce ne sia anche uno solo. In città ci sono edifici di vasta metratura inutilizzati o sottoutilizzati: l’amministrazione comunale deve censirli e fare tutto il possibile per recuperarli e riadattarli ad uso abitativo. Pensiamo alle proprietà di banche, assicurazioni, immobiliari e enti ecclesiastici: la formula può essere varia, dal comodato d’uso arrivando fino all’esproprio. Purché si faccia, e la politica non continui a inebriarsi parlando di enogastronomia e flussi turistici, e torni a occuparsi dei diritti di famiglie e lavoratori».

Roberto Aria

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