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Uva: il maltempo tocca anche il mercato

I vigneti Unesco coltivati grazie agli immigrati

VITICOLTURA Il cielo plumbeo di inizio settembre ha colpito ancora. Era già successo alcuni anni fa e aveva preso di mira soprattutto la prestigiosa collina dei Cannubi a Barolo. Stavolta l’area è stata diversa e i danni sembrano ingenti ma localizzati, anche perché alcune uve erano in prossimità della raccolta – in particolare Dolcetto, Moscato e altre bianche – e la grandine, addizionata a vento forte e molta acqua, rischia di mettere a repentaglio il loro stato sanitario e di influenzare negativamente i vini che ne deriveranno. Non c’era bisogno di un evento così, anche perché la brusca interruzione dell’estate e l’introduzione del clima più autunnale potrebbe portare uno stillicidio di piogge, con danni e problemi anche sui grappoli non colpiti dalla grandine. La situazione di incertezza rischia di compromettere anche le dinamiche dei mercati e delle quotazioni economiche delle uve che già segnalavano qualche incertezza.

La situazione dei mercati sembra segnare più di un rallentamento e si ha la sensazione che molto dipenda dall’abbondanza della vendemmia 2018, che probabilmente ha poco influito sui vini di gamma elevata, mentre sembra aver molto rallentato le consegne e i ritiri di quei vini di base – in particolare quelli legati alla Doc Piemonte e a qualche vitigno, vedi Dolcetto – verso i quali paiono più affievolite le richieste dei vinificatori. Al riguardo, si segnalano anche nell’Albese casi di aziende che stanno riducendo i loro volumi di acquisto delle uve e questo potrebbe determinare un aumento delle produzioni libere sul mercato, con influssi negativi sui prezzi delle uve medesime. L’effetto, però, potrebbe non fermarsi a questo, ma influenzare in negativo anche i prezzi dei vini sfusi della vendemmia 2019, con conseguenze a ritroso su quelli dell’anno precedente e ripercussioni sul valore delle giacenze in magazzino, mettendo in difficoltà vari imbottigliatori.

In alcuni casi (ancora il Dolcetto), dopo la boccata di ossigeno delle ultime due o tre vendemmie, una nuova riduzione dei prezzi sarebbe una mazzata e potrebbe accelerare l’abbandono di una varietà, che nelle ultime annate in Piemonte ha già perso varie centinaia di ettari. Nei confronti del Dolcetto – uva e vino – sembra esserci un accanimento che potrebbe essere pericoloso: potrebbe portare all’ulteriore riduzione dei suoi vigneti e, quindi, all’ulteriore regresso di un prodotto che ha forti legami con la tradizione piemontese e la sua biodiversità viticola ed enologica. Forse nei mercati internazionali il Dolcetto palesa caratteri di non facile condivisione, ma le aziende dovrebbero esercitare una maggiore autorevolezza nel promuovere e commercializzare il prodotto, dedicando a esso più marcate attenzioni e, probabilmente, favorendone la collocazione su quel mercato italiano – in particolare del Nord-ovest – che ha sempre avuto attenzione per tale vino, giovane e di consumo quotidiano.

Le forti attenzioni che viticoltori e vinificatori stanno dedicando in questi anni al Nebbiolo, e non solo per farne i grandi Barolo e Barbaresco, potrebbe determinare una sorta di “nebbiolizzazione” del vigneto di Langa, con il possibile ulteriore impoverimento di quella biodiversità che oggi possiamo vantare. Sarà un bene o un male?

Giancarlo Montaldo

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