Si sentono scricchiolii nelle istituzioni dell’Unione europea

Questa vigilia di insediamenti delle nuove istituzioni dell’Unione europea si rivela più faticosa del previsto.

È ancora fresco il ricordo dell’esito delle elezioni del Parlamento europeo il 26 maggio: lo schieramento “europeista” era uscito nettamente vincitore su quello “sovranista”, intenzionato a portare indietro le lancette dell’orologio dell’integrazione europea, riproponendo un ritorno al protagonismo delle sovranità nazionali a spese del processo di integrazione comunitaria.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

In politica, e non solo in quella europea, non basta però addizionare i numeri dei voti ottenuti, bisogna anche valutare quali alleanze quei numeri sono in grado di costruire.

La vittoria degli europeisti nel nuovo Parlamento di Strasburgo era ed è fuori discussione, più fragile però la loro alleanza, come è apparso già al momento di sostenere la candidatura di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, il “governo” dell’Ue. Si formò allora una maggioranza risicata, senza il sostegno dei Verdi e con pochi voti di differenza: tra questi furono decisivi quelli grillini, dei quali conosciamo l’ampiamente sperimentata “volatilità” nella politica nazionale e non solo.

L’estate mandò altri segnali di fragilità di quella maggioranza, con la bocciatura da parte del Parlamento di tre candidati indicati, per fare parte della Commissione europea, da Ungheria, Romania e Francia. Quest’ultima bocciatura fu il risultato di un regolamento di conti all’interno di pezzi importanti della “maggioranza europeista” nei confronti in particolare del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Il Parlamento non gli ha perdonato – e non gli perdonerà tanto presto – l’ostilità manifestata nel Consiglio europeo contro i primi eletti nella consultazione elettorale di maggio e per l’imposizione di Ursula von der Leyen, che in quella competizione non aveva corso, ad inattesa Presidente della Commissione, marcandola come espressione unilaterale del Consiglio europeo deciso a mortificare il Parlamento e noi, cittadini elettori.

Potrebbe riproporre il problema la nuova proposta di candidatura formulata dal Presidente francese la settimana scorsa con un nome, quello di un ex ministro di François Chirac, che potrebbe anche lui non avere tutte le carte in regola in materia di conflitti di interesse e far correre un rischio maggiore a Macron e alla stessa von der Leyen.

Questa vicenda, che ritarderà almeno di un mese l’insediamento, inizialmente previsto il 1° novembre, della nuova Commissione potrebbe essere una mina a scoppio ritardato che qualcuno teme possa esplodere quando il Parlamento dovrà dare il suo consenso alla squadra proposta da Ursula von der Leyen, facendo di lei la vittima finale e cancellando tutto l’assetto istituzionale concordato a luglio non senza difficoltà.

Da non sottovalutare, più recentemente, un altro segnale venuto la settimana scorsa dal Parlamento europeo con la frattura, sempre in seno alla “maggioranza europeista”, a proposito di una risoluzione che proponeva l’apertura dei porti europei alle imbarcazioni delle Ong con i loro carichi di migranti salvati in mare. Per soli due voti la risoluzione è stata bocciata e ancora una volta è stato decisivo l’atteggiamento dei grillini italiani che astenendosi hanno determinato l’esito negativo del voto.

Se il buongiorno si vede dal mattino, meglio tenere a portata di mano un ombrello o anche qualcosa di più solido per proteggere il futuro dell’Unione europea che intanto dovrà ancora convivere con la vicenda infinita di Brexit, forse fino al 31 gennaio prossimo.

Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

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