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Il progetto che vuol cambiare il modo di vivere la periferia

Il progetto che vuol cambiare il modo di vivere la periferia

SOCIALE «Abbiamo agito nelle strade e nelle piazze, partendo dal basso, facendo sentire il nostro grido e cambiando un pezzo di città». È voce di chi scopre un varco e resiste a una società atomizzata. È voce dei ventenni di Langa e Roero che compiono rivoluzioni silenti, discrete, fondate sulla creazione di un contesto differente e sulla pretesa di ascolto. È la voce di Alessia, che con altre decine di ragazzi ha costituito Cultura in movimento, un percorso che compie tre anni, da festeggiare a Corneliano dal 16 novembre.

Obiettivo: reinventare il concetto d’azione e abitazione degli spazi urbani periferici, facendo circolare contenuti culturali attraverso installazioni audiovisive, eventi e spettacoli. L’idea parte dal circolo Arci Cinema vekkio di Corneliano, spinta dall’inventiva degli educatori e dall’adesione di centinaia di persone. Finanziato dalla Compagnia di San Paolo, Cultura in movimento ha coinvolto 13 territori, 60 associazioni, 575 bambini dai 3 ai 14 anni, 350 ragazzi dai 15 ai 25 anni e 50 adulti.

Un osservatore attento può talvolta scorgere un furgoncino rosso itinerante, scorrazzare tra le colline: all’apparenza mezzo di trasporto, contiene libri, film, casse audio, telone, videoproiettore, postazione radiomobile. Sul veicolo alcuni educatori raggiungono gruppi di bambini e giovani, coinvolgendoli nell’organizzazione di varie attività culturali.

Uno degli ideatori del progetto, Alberto Contu, spiega: «L’approccio è partecipativo, inclusivo e dal basso. S’intende applicare il concetto di educativa di strada alla cultura, tra la gente, per rialfabetizzarci socialmente e formarci a esercitare la democrazia diretta e partecipata; per riappropriarci dei temi e del controllo delle decisioni che determinano le esistenze e le comunità, provando a far nascere l’idea critica».

Il progetto che vuol cambiare il modo di vivere la periferia 1

Aggiunge Andrea, un partecipante a Cultura in movimento: «Abbiamo realizzato testi rap, videodocumentari, flash mob teatrali e fumetti. Abbiamo scritto inchieste, interrogandoci sulle dinamiche sociali che regolano gli spazi urbani di vita quotidiana. Abbiamo sperimentato il concetto di politica slegato da forme partitiche, ma come potenza del gruppo. Abbiamo costruito mappe relazionali, riflettendo insieme sulle forme di convivenza e sulla pedagogia. Abbiamo creato eventi, un piccolo concerto, la proiezione di un film, la presentazione di un libro, di un fumetto e una performance teatrale».

Cultura in movimento si configura come un puntello di rottura degli equilibri sociali basati sull’individualismo, per ritornare a un concetto di comunità in cui il confronto e la creatività, la vicinanza e la valorizzazione della marginalità diventano strumenti di cambiamento.

«Il quartiere siamo noi»: hanno manifestato i bambini

Monticello, Corneliano, San Damiano d’Asti, Lequio Berria, Bossolasco, ma anche molti altri. Sono i territori battuti dal progetto Cultura in movimento: ad Alba, nel Cam (Centro accoglienza minori) Moretta il percorso è iniziato con la mappa sociale. Dice l’educatore Oreste Borra: «Sono stati individuati tre spazi (cortile del centro di riabilitazione Ferrero, la piazza del quartiere e i giardini Varda) e si è decisa una manifestazione».

Continua Borra: «“Il quartiere siamo noi”, recitava lo striscione che i bambini hanno portato in testa. Con questa passeggiata abbiamo abitato e vissuto strade e piazze per farli diventare luoghi d’incontro e condivisione. Arti di strada come la giocoleria, la musica e il teatro sono state messe al servizio della comunità e hanno creato momenti di riflessione, portando alla rinominazione informale del giardino a Elzéard Bouffier, “l’uomo che piantava gli alberi”. I nodi emersi sono proprio quelli del prendersi cura degli altri, degli animali, degli alberi e dei parchi».

Matteo Viberti

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