Il Seminario apre le sue porte a chi è in ricerca vocazionale

MI FIDO DI TE Abramo è la prima persona nella storia di Israele a essere chiamata da Dio, è la prima persona a cui Dio rivolge direttamente la parola. Abramo è la prima persona che prende sul serio una voce che risuona al fondo del proprio cuore. Ci vuole molto coraggio a prendere sul serio una voce che si sente al fondo di sé, una voce che esula dai nostri ragionamenti, dalle nostre interpretazioni del mondo e della vita. Una voce che ci chiama alla relazione, che ci fa prendere sul serio qualcosa di cui non conosciamo fino in fondo la direzione, di cui non conosciamo la meta. Questa voce non crea certezze, spinge a un rischio, a un viaggio, a lasciare la propria terra. «Il Signore disse ad Abram: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione… E in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”» (Gn 12,1-3).

La voce di Dio che Abramo ascolta, lo chiama a rischiare, a vivere. Perché la chiamata di Dio, la vocazione, ha a che fare con la nostra vita. La nostra identità non è mai compiuta, finita, è sempre nell’atto di farsi e di riceversi. Il chi siamo, infatti, è continuamente rimesso in gioco dagli eventi e dagli incontri che accadono nella nostra vita. In questo senso siamo continuamente vocati, chiamati ad aperture di possibilità. Quando tutto sembra andare in una certa direzione accade un incontro, un’esperienza che ci apre una traiettoria inedita. Abramo con coraggio ascolta e accoglie questa voce, l’inedito di Dio, che lo porterà a diventare «padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,5).

Il Seminario apre le sue porte a chi è in ricerca vocazionale
Quattro dei cinque giovani nel Seminario di Fossano. Da sinistra: Alberto Costamagna, Nicolò Bellino, Andrea Gastaldi e Cristiano Bellino.

Eppure anche per Abramo ci sarà la tentazione di voler realizzare questa chiamata con le proprie forze e la propria creatività. Se, da una parte, la voce di Dio gli promette qualcosa, dall’altra, la nuda e cruda realtà della vita, gliela nega. L’attesa struggente di un bambino deve fare i conti con la sterilità della moglie Sara. Dio, peraltro, non promette soltanto un figlio, ma una discendenza «numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia del mare» (Gn 13,16; 15,5). Abramo dovrà fare spazio a questo paradosso, a questa tensione, imparando a muoversi tra la fiducia nei confronti di questa attesa e la paura di essere deluso.

Sarà la moglie Sara a escogitare lo stratagemma, il compromesso tutto umano, per risolvere questo conflitto: «Sarài, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar, Sarài disse ad Abram: “Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli”. Abram ascoltò l’invito di Sarài. Così, al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaan, Sarài, moglie di Abram, prese Agar l’Egiziana, sua schiava, e la diede in moglie ad Abram, suo marito. Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei» (Gn 16,1-4). Dopo questa originale soluzione, trovata dalla moglie, Dio parla di nuovo ad Abramo (Gn 18,16- 33) e ribadisce la sua promessa, stabilendo ancora una volta che essa accadrà secondo le modalità di Dio, cioè secondo modalità che non sono previste da compromessi strategici puramente umani, ma soltanto attraverso una fiducia totale nei confronti di una promessa cui non importa essere smentita dai fatti.

E alle parole seguiranno i fatti. «Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito. Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni, come Dio gli aveva comandato. Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio Isacco. Allora Sara disse: “Motivo di lieto riso mi ha dato Dio”» (Gn 21,1-6).

Abramo diventa padre così come Dio aveva in mente e come la sua umanità aveva intuito quando aveva ascoltato la voce nel profondo del suo cuore, realizzando così la sua vocazione. Abramo diventa il «padre di una moltitudine di popoli». Ebrei, cristiani e musulmani riconoscono in lui il capostipite, l’iniziatore della storia dell’umanità.

don Federico Boetti

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