Senza colpa in questo inferno: l’antropologo Piercarlo Grimaldi presenta il suo libro

Senza colpa in questo inferno: l’antropologo Piercarlo Grimaldi presenta il suo libro
La copertina libro curato da Piercarlo Grimaldi

MAGLIANO ALFIERI Ci sono intellettuali che sono capaci di raccontarti il presente facendoti riflettere senza importi la loro visione delle cose. Voci che si presentano come narratori di un passato molto vicino eppure terribilmente lontano. Piercarlo Grimaldi, antropologo, è uno di queste persone. L’occasione è stata la presentazione sabato 9 novembre nella biblioteca di Magliano Alfieri del libro Senza colpa in questo inferno (Giunti, prefazione di Moni Ovadia) dove viene ripresa la trascrizione di un quaderno scritto da un sarto di Cossano Belbo,  Giovanni Bussi, nato nel 1898. Un ragazzo che si trova nel mezzo degli avvenimenti che danno corpo al Novecento, capace di annotare con un alfabeto immaginario così da non incorrere nella repressione (essere sorpresi nello scrivere fatti di guerra era punito con la fucilazione) quanto si trova davanti. Si tratta di un testo estremamente importante, capace di inserirsi nel vasto materiale di ricostruzione biografica e comunitaria che l’albese ha prodotto in occasione del centenario della Grande guerra grazie alla sua capacità analitica appresa negli anni di apprendistato torinese presso la Camera del lavoro.

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Da sinistra: Luigi Carosso e Piercarlo Grimaldi

Grimaldi, che dopo aver avuto il manoscritto ha avuto modo di elaborarlo per molto tempo con l’autore, ha accompagnato poi il pubblico in una lezione sulla simbologia e la trasmissione della cultura contadina ricordando più volte il contributo in questo campo del maglianese Antonio Adriano. In una società che ha rotto con la tradizione ed è ancora alla ricerca di una nuova identità, con tutte le pulsioni e le traversie che questo comporta, testimonianze come quelle di Bussi rappresentano, come ha sottolineato Luigi Carosso, vicesindaco di Magliano: «un monito per la narrazione sovranista e il bisogno di creare nuove barriere, in un’Europa che celebra i 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino».

Roberto Savoiardo

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