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Andiamo verso un futuro di pace o il diluvio?

PENSIERO PER DOMENICA – I AVVENTO – 1° DICEMBRE

All’inizio di un nuovo anno liturgico, le letture della Messa ci mettono davanti questa alternativa molto drastica. Entrambe le mete sono concretamente possibili: noi siamo la prima generazione che ha la concreta possibilità sia di distruggere ogni forma di vita sul pianeta sia di avviare un processo di pace. A dire il vero non sembra che abbiamo imboccato davvero la seconda direzione, se pensiamo alle armi che giacciono negli arsenali, ai mutamenti climatici e ai 170 muri o fronti di guerra, che qualcuno ha contato nel mondo! Come credenti siamo però chiamati ad attingere speranza dalla Parola e a lavorare per un futuro di pace.

Andiamo verso un futuro di pace o il diluvio?
Un angelo tende un carbone acceso al profeta Isaia nell’affresco del Tiepolo sul soffitto della sala Rossa nel palazzo patriarcale di Udine.

La nostra guida sarà il Vangelo secondo Matteo. Ci accompagnerà per tutto l’anno liturgico A, che inizia con questa prima domenica di Avvento. Alcuni studiosi del Nuovo Testamento hanno recentemente proposto una nuova suggestiva interpretazione del primo Vangelo, qualificandolo come il Vangelo “dei missionari”. Questi, dopo il primo annuncio della salvezza, giunta a noi con la morte-risurrezione di Gesù, dovevano spiegare cosa aveva detto di nuovo e magari lasciare alle comunità una sintesi del suo insegnamento, sintetizzato in cinque discorsi come quello di Mosè nel Deuteronomio.

È importante che noi siamo in attesa fiduciosa e operosa. Camminare sulle vie di Dio e nella luce del Signore per costruire un regno di giustizia e pace, come ci viene richiesto da Isaia (2,1-5), richiede capacità di andare contro corrente. Serve carattere; bisogna essere svegli (Rm 13,11-14). La parola di Dio ci sprona a non mollare, a continuare ad attendere, perché la relazione con Dio, al pari di ogni altra relazione importante, vive soprattutto di attesa. Il compimento dell’attesa e della speranza non è di questo mondo; questo non ci esonera dal camminare, ma ci sprona a farlo.

È l’ora della responsabilità. O della vigilanza, se preferiamo la parola usata da Gesù (Mt 24,37-44) e i molteplici richiami di papa Francesco. Perché noi possiamo continuare con la dissennata corsa agli armamenti o cominciare a usare le stesse risorse per rendere migliore la nostra vita, anche se era infinitamente più facile convertire le spade in aratri che smantellare i missili nucleari, orientandoli a scopi pacifici! Nella Scrittura non troviamo indicazioni tecniche, ma solo l’invito a fare in fretta. Più concreto e immediatamente realizzabile l’invito di Paolo a cambiare stile di vita, mettendo fine a «orge, ubriachezze, lussurie e impurità, litigi e gelosie». In questo modo non cambieremo di colpo il mondo, ma almeno noi stessi e le nostre comunità.

Lidia e Battista Galvagno

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