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Chittolina: si può andare all’estero a fare esperienza e poi ritornare in Italia

Chittolina: si può andare all’estero a fare esperienza e poi ritornare in Italia 1

L’INTERVISTA Parliamo ora con Franco Chittolina, presidente di Apice (l’Associazione per l’incontro delle culture in Europa). Chittolina ha lavorato per 25 anni a Bruxelles nelle istituzioni europee (il Consiglio dei ministri prima e la Commissione Ue, poi). La sua è dunque una prospettiva peculiare, ben più ampia rispetto alla dimensione locale.

Parlando della provincia di Cuneo, come prevede sarà strutturato il mondo del lavoro in futuro?
«Il futuro del lavoro in generale dipende da molteplici variabili che s’intrecciano tra loro. Rinunciando a previsioni troppo lontane nel tempo e poco affidabili, due potrebbero essere le variabili-chiave da considerare: l’andamento dell’economia minacciata da chiare dinamiche di raffreddamento con basso tasso di crescita (attorno all’1% nell’Ue, molto meno per l’Italia) e la massiccia introduzione di nuove tecnologie e di accresciute forme di robotizzazione. Due variabili, tra molte altre, che non annunciano significativi incrementi dell’occupazione, salvo nelle forme diffuse di precariato e con lavori a tempo parziale. Anche i giovani cuneesi saranno molto coinvolti da questa congiuntura, salvo poter contare ancora in questa nostra terra sul traino delle esportazioni – minacciate dal ritorno dei dazi – e sulla modernizzazione del comparto agroindustriale. Le nicchie potrebbero però già essere vicine alla loro saturazione. Una nuova prospettiva potrebbe essere invece offerta dalla moltiplicazione di start-up innovative, su base fortemente tecnologica».

Non possiamo ignorare come l’occupazione e la possibilità di riuscita siano ben lontane dall’essere meritocratiche anche sul nostro territorio: è così?
«Il criterio meritocratico resta in gran parte una leggenda. Senza voler criminalizzare i circuiti relazionali, in grado di contare su verifiche ravvicinate piuttosto che su titoli di studio spesso inflazionati, accade ogni giorno che reali talenti non trovino le opportunità che meritano, come dicono anche i flussi di mobilità giovanile in uscita dall’Italia e dalle regioni più avanzate. Si tratta di emigrazioni anche superiori agli ingressi di migranti nei nostri territori. Molto dipenderà dal dinamismo dei più giovani, più che in passato determinati a uscire dalla “tana familiare” per cercare vie autonome verso il loro futuro».

Che cosa suggerisce, dunque, ai giovani che si approcciano o che sono entrati da poco nella vita adulta?
«Nei tempi brevi credo che, per i giovani cuneesi determinati a lavorare “in casa”, possa premiare il conseguimento di specializzazioni nei settori tradizionali e l’acquisizione di capacità in segmenti del terziario avanzato; per chi si orienta prevalentemente a lavorare “in trasferta” può essere interessante esplorare esperienze formative all’estero, ma senza escludere, in un secondo momento, di investirne i risultati tornando a casa, dove li aspettano non solo genitori e amici, ma anche un Paese cui debbono riconoscenza per le risorse investite nella loro formazione».

r.a.

INCHIESTA: IL LAVORO CHE VERRÀ

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