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Gli albesi pellegrini di pace nella terra dov’è nato Gesù

«Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore, ora i miei passi si fermano alle tue porte o Gerusalemme»

Gli albesi pellegrini di pace nella terra dov’è nato Gesù 32

IN TERRA SANTA «Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore, ora i miei passi si fermano alle tue porte o Gerusalemme». Le parole di questo salmo bene rappresentano il sentimento che ha animato il pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dalle realtà paoline quali Gazzetta d’Alba, Vita pastorale e i Cooperatori paolini.

La presenza di don Giusto Truglia, don Antonio Sciortino, don Gerardo Curto e don Guido Colombo hanno rappresentato le testate e le attività del loro apostolato secondo il carisma del beato don Giacomo Alberione. A loro si è aggiunta la presenza di don Antonio Mazzi e don Romano Matrone che ha guidato le catechesi durante tutta la settimana, oltre al supporto dell’Opera romana pellegrinaggi. Grazie a queste realtà il gruppo dei pellegrini ha sfiorato i 150 partecipanti di cui 47 appartenenti alla diocesi di Alba. La settimana è stata l’occasione per approfondire la fede attraverso le Scritture, che trovavano la loro concretezza nei luoghi visitati da nord a sud della Terra Santa.

Iniziando da Nazaret in Galilea, attraverso la Samaria a Nablus fino in Giudea a Betlemme per salire a Gerusalemme dove si è realizzato il mistero della nostra salvezza nella passione, morte e risurrezione di Gesù. I luoghi visitati sono stati molti, custoditi dai Francescani della custodia di Terra Santa con tanta dedizione.

Ma ciò che ha caratterizzato questo pellegrinaggio è stato l’incontro con le pietre vive di Terra Santa, intendo le persone che vivono quotidianamente in questi luoghi difficili e complessi per ragioni storiche, politiche e religiose. In Samaria abbiamo celebrato a Taybeh, un villaggio di circa 900 persone tutte cristiane: al termine della Messa il parroco, Johnny Abu Khalil, sacerdote cattolico palestinese, ci ha parlato della sua comunità e delle difficoltà che vivono quotidianamente trovandosi al di qua del muro che divide Israele dai Territori palestinesi. Dalle sue parole traspariva tanta sofferenza ma anche il desiderio di superare questa situazione impedendo ai pochi cristiani rimasti di emigrare in Occidente.
A Betlemme suor Ginetta – Dorotea, responsabile della scuola per bambini sordomuti Effetà voluta da san Paolo VI dopo la sua visita in Terra Santa nel 1964 – ci ha parlato del servizio quotidiano svolto con amore verso questi bambini per la maggior parte musulmani, creando di fatto una convivenza con i pochi cristiani, dando una testimonianza di carità che viene apprezzata dalle famiglie nel rispetto delle proprie identità. Un bell’esempio di evangelizzazione per attrazione e non per proselitismo. La semplicità di queste suore ha conquistato il cuore dei pellegrini.

A Gerusalemme due incontri di primo piano, presso il Patriarcato con l’amministratore apostolico monsignor Pier Battista Pizzaballa e presso la Custodia con il custode di Terra Santa padre Francesco Patton. Il vescovo Pizzaballa ha messo in evidenza l’impegno pastorale svolto nelle parrocchie sparse nei molti villaggi della Palestina costituite da comunità di cristiani arabi. Così pure ha sottolineato il buon rapporto verso le altre confessioni cristiane e l’impegno nel dialogo interreligioso con i musulmani e gli ebrei. Il dramma denunciato dal pastore di questa Chiesa, che è la Chiesa madre della cristianità, è la quasi scomparsa della presenza dei cristiani, ridotta a meno del due per cento. Da parte sua, il custode Francesco Patton ha raccontato la storia della presenza dei Francescani in Terra Santa che ha il suo esordio con la venuta di san Francesco, di cui ricorrono gli 800 anni. Durante questi secoli tanti Francescani di Terra Santa hanno subito un martirio di carità e di sangue. Il primo dovuto a malattie letali prese curando malati infetti e il secondo da vere esecuzioni perpetrate dai potenti di turno a causa della loro fede. Una presenza capillare nei luoghi santi e un impegno variegato nel corso nei secoli. La presenza di oggi si caratterizza, oltre che per l’animazione pastorale dei santuari, per l’attività in molte scuole dove studiano non solo cristiani ma molti musulmani, favorendo un processo d’integrazione. Tutti questi incontri sono risultati l’altra faccia della medaglia del pellegrinaggio che, unita a tutte le visite dei luoghi e dei siti, ci ha permesso di avere una percezione non parziale ma sperimentare come la Terra di Gesù sia ancora viva e bisognosa della presenza dei pellegrini per non diventare un museo a cielo aperto, bensì rimanga il luogo dove scoprire le radici della nostra fede.

Ogni incontro con questi testimoni che abitano la Terra Santa si è concluso con una richiesta: pregare per la pace in questa terra fra questi popoli. È un impegno che abbiamo preso sul serio e che vorrei diventasse anche di tutte le comunità della nostra diocesi. L’inizio dell’Avvento e l’approssimarsi del Natale possono essere una buona opportunità pensando ai luoghi dove il Figlio di Dio si è incarnato.

+Marco Brunetti, vescovo di Alba

 

 

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