La crisi delle edicole: «O il Comune mi riduce il canone oppure chiudo»

ALBA Non solo la crisi dell’editoria, ma anche una tassazione eccessiva e iniqua rispetto agli altri rivenditori di giornali: per le due storiche edicole-chioschi di Alba, sono questi gli ostacoli da affrontare. Lo spiega Gianni Rosso, che gestisce il chiosco in piazza Risorgimento: «Ogni anno pago regolarmente al Comune la tassa per l’occupazione del suolo pubblico e quella per gli espositori e l’immondizia, sulle quali non ho nulla da dire. Il dubbio che sollevo riguarda il canone per le concessioni precarie: 2mila euro da pagare entro il 30 novembre, secondo un meccanismo che a mio parere non è chiaro».

La crisi delle edicole: «O il Comune mi riduce il canone oppure chiudo»

Si tratta di un somma che ogni anno devono versare nelle casse del Comune le attività non permanenti, come i chioschi: in caso di mancato pagamento entro il termine previsto, viene applicata una sanzione del 30 per cento, ridotta al 3,75 per cento se il ritardo non supera i 30 giorni. «È una situazione assurda, se si pensa che paghiamo il canone per il solo fatto di esercitare la nostra attività in un chiosco: rispetto alle edicole in muratura, oltre a patire la crisi dell’editoria, ci troviamo penalizzati da una tassazione ancora più massiccia. Se si pensa che in cinque anni ho sborsato diecimila euro a causa di questa normativa, è sempre più difficile pensare di proseguire con la mia attività: chiedo al più presto un confronto con l’Amministrazione comunale, per esporre il problema e cercare di arrivare a una riduzione del canone».

Un appello che Rosso condivide con il collega Stefano Raffale, proprietario con la madre dell’edicola-chiosco nei pressi dell’ospedale San Lazzaro, un altro punto di riferimento per gli albesi: «Nel nostro caso, dal momento che parliamo di una struttura di proprietà validamente accatastata, la situazione è ancora più paradossale, perché è come se si trattasse di un immobile». Raffale ha approfondito la natura del canone: «Io e Gianni paghiamo la Tosap, la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, disciplinata a livello nazionale dal ’90. Altra cosa è la Cosap, un canone introdotto nel ’97, disciplinato dai singoli regolamenti comunali. Peccato che, dal momento che si tratta di una duplice obbligazione per la stessa occupazione, dal ’99 è pacifico che le due discipline sono in alternativa: spetta al Comune decidere».

Abbiamo interpellato sulla questione l’assessore al commercio Marco Marcarino: «Purtroppo il problema è ampio e credo che vada al di là del canone citato. I giornali si vendono sempre di meno e il rischio d’impresa è sempre più alto. Siamo disposti ad ascoltare gli edicolanti e a dare loro dei suggerimenti, come il ricorso alla detrazione d’imposta prevista dall’ultima legge di bilancio per i rivenditori di giornali».

Francesca Pinaffo

In poco più di un anno tre le edicole che a Bra hanno cessato l’attività

BRA Hanno tirato giù la loro saracinesca in modo definitivo. Tre edicolanti della città, nel giro di poco più di un anno, hanno chiuso la loro attività. L’ultima in ordine di tempo è stata quella dei coniugi Lo Rè nella piazzetta Valfrè, smontata da poco più di una settimana. Sottolineano i due ex gestori: «Siamo molto dispiaciuti nel perdere una clientela che ormai ci era molto affezionata». Il chiosco, gestito per 17 anni dai Lo Rè, era in realtà aperto da 40 anni. In questi ultimi tempi, malgrado la costante manutenzione, la struttura ha però continuato ad avere problemi. Fino a indurre i due proprietari a prendere questa decisione, che seppure sofferta, si è resa necessaria.

Prima di questo chiosco erano già stati chiusi quello in piazza Roma (a fianco del bar Chiosco) – che sarà rimosso nelle prossime settimane – e, alcuni mesi fa, l’edicola di via Audisio, alla confluenza tra le vie Principi di Piemonte e Fratelli Carando. La situazione delle edicole cittadine è monitorata dai funzionari dell’ufficio commercio del Comune, che tengono anche la contabilità delle aperture e chiusure. Spiegano dal palazzo comunale: «Mentre nel 2010 erano 26 le edicole in città, oggi ne sono rimaste 18».
La situazione braidese riflette quella nazionale: i ricavi calano sempre di più e gli edicolanti decidono di chiudere. Secondo i dati elaborati da Unioncamere, nel 2018 (ultimo dato disponibile) le imprese del commercio al dettaglio di giornali e riviste registrate alle Camere di commercio sono state 15.126, mentre nel 2017 erano 15.867. Quindi 741 imprese in meno rispetto all’anno precedente (–4,7 per cento). Una situazione che ha portato anche allo sciopero nazionale degli edicolanti il 26 novembre scorso.

Commenta il professor Adalberto Bianchi, per anni docente alla scuola media Dalla Chiesa e oggi in pensione: «Ricordo con piacere il rapporto che si creava con l’edicolante, ai tempi del liceo: si passava da lui al mattino e si ritiravano i fascicoli settimanali delle enciclopedie che noi studenti acquistavamo su consiglio degli insegnanti. Poi, da adulto, era piacevole comprare il giornale e scambiare due idee con il gestore. Ogni chiusura è un segnale dell’impoverimento della nostra società, che perde occasioni per continuare a mantenere buone relazioni sociali».

v.m.

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