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Liliana Segre ad Alba: per non dimenticare

Sabato 14 dicembre, alle 12, al Sociale, l’ente internazionale Fiera le conferirà il Tartufo dell’anno, nel settantesimo anniversario dell’assegnazione della medaglia d’oro per la Resistenza alla città

ALBA Ho avuto la fortuna di conoscere Liliana Segre anni fa, quando percorreva l’Italia per incontrare migliaia di studenti. Da allora siamo diventate amiche nella difesa della “memoria” e nella speranza di un futuro di pace e di condivisione in cui siano riconosciuti i diritti inalienabili delle persone.

Dopo anni di silenzio, a sessant’anni, aveva deciso di raccontare la sua vicenda di sopravvissuta ad Auschwitz dove era stata deportata, quando aveva tredici anni, con suo padre. Sarebbe ritornata da sola, anche i suoi nonni finirono nelle camere a gas. Una decisione che aveva coraggiosamente preso perché le nuove generazioni non dimenticassero volti, voci, storie di milioni di vittime dei lager nazisti, perché non svanissero nell’indifferenza e nell’ignoranza che sta contagiando come una pandemia la società.

Questi incontri si trasformavano sempre in momenti di una comunicazione straordinaria che riusciva a creare una partecipazione commossa e faceva rivivere situazioni e fatti, donne, uomini, bambini, come se fossero lì, in quelle assemblee. Persone che «avevano una sola colpa, quella di essere nati ebrei», come spesso ricorda Liliana.

Al palazzetto dello sport di Bologna , dove più di settemila studenti l’ascoltavano in un silenzio immobile, le sue parole avevano suscitato una commozione che era visibile sui volti: «Voi oggi vedete un’anziana signora dignitosa, importante, ma io ho frugato nei letamai, ho strappato l’osso spolpato alla mia compagna e lei lo ha di nuovo strappato a me, durante “la marcia della morte” sulle strade della Germania. Voi fortunati non sapete che cosa è la fame e spesso sprecate il cibo. Quando siete stanchi, vi arrendete, dite “non ce la faccio più”, mentre la mente e il corpo umano sono così forti e straordinari da poter compiere autentici miracoli. La vita è un bene così meraviglioso e irripetibile da spingerci a fare qualsiasi cosa pur di conservarlo. Non voglio soltanto raccontarvi gli orrori che ho vissuto, voglio raccontarvi la vita che è bellissima».

La sua testimonianza, nelle diverse parti d’Italia, ha idealmente moltiplicato quelle “pietre d’inciampo” che nelle strade delle città ricordano i deportati nei lager nazisti: a Milano, davanti alla casa dove abitava la famiglia, c’è quella che ricorda suo padre Alberto, assassinato ad Auschwitz.

Se oggi migliaia di giovani respingono con forza e determinazione il diffondersi di un antisemitismo inquietante nella sua aggressività e violenza, lo dobbiamo a Liliana Segre che, anche come senatrice, continua la sua battaglia contro l’odio e l’intolleranza, che ha risposto ai recenti insulti e alle minacce sui social con parole di pace. Ha invitato «gli odiatori che augurano a una novantenne la morte», a non sprecare il tempo, «che è un bene prezioso, non si torna mai indietro, neanche di un attimo».

Liliana Segre è diventata oggi per tutti noi “un patrimonio dell’umanità”. Una donna che come testimone, ma anche come madre e nonna, come spesso ama presentarsi ai tanti nipoti ideali, ha deciso di mettersi in gioco senza limiti di tempo e di fatica: «Andrò avanti finché mi reggono le forze perché la memoria deve essere diffusa, è la nostra ricchezza e la nostra difesa».

Grazie Liliana, con te accanto ci sentiamo tutti più coraggiosi e forti, meno orfani di quei valori, significati e riferimenti che, come un giorno mi hai detto, «spesso scompaiono in quella nebbia che, a sorpresa, ti avvolge sull’autostrada e di colpo ti fa perdere la cognizione del tempo e dello spazio, non sai più qual è la direzione giusta».

Mariapia Bonanate,
giornalista di Famiglia Cristiana

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