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Perché le tendine sono dette in piemontese “Ridò”? Scopriamolo con Paolo Tibaldi

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Ridò: Tendine che occupano l’area vetrata di finestre, sportelli e vetrine

Inutile nasconderci dietro al Monviso: checché se ne dica, per quanto il piemontese non derivi dal francese ma ne condivida il ceppo, alcune influenze linguistiche dirette con i cugini transalpini sono evidenti e anche abbastanza importanti. Quando un francese si sta accingendo a fare qualcosa, dirà “je suis en train de…” e un piemontese dirà “son ‘n camìn che…”. Nel gerundio, il piemontese ha acquisito un calco linguistico pertinente ai gallicismi che, per definizione, non hanno matrice italiana ma gallica.

Oggi parliamo di qualcosa di domestico, giacché l’inverno incombe: ridò, che nulla ha a che vedere con il presente del verbo italiano “ridare”. Maschile, singolare e plurale, indica la tenda interna alle abitazioni che ricopre la zona trasparente e vetrata di finestre, finestrini e vetrinette varie. Quasi sempre il ridò è adornato da disegnini, trame, pizzi o ricami che restituiscono dignità e grazia all’abitazione stessa.

La parola, dunque, è riconducibile senz’altro alla lingua francofona; infatti oltralpe la tenda si chiama allo stesso modo, ma si scrive rideau. Tutti sappiamo che questo tipo di tenda si può arricciare e raggrinzire con una cordicella. E bene, sempre in francese, il verbo rider significa proprio increspare, pieghettare. Vengono alla mente alcune parole francesi che subiscono lo stesso processo evolutivo linguistico del ridò piemontese; tra queste troviamo, per esempio, il burò (ufficio/scrivania, bureau in francese) e cadò (regalo, cadeau in francese).

Tornando alla parola di oggi, abbiamo anche il suo diminutivo, nonostante il complemento d’arredo sia già morigerato di suo. Il ridolin è la versione di ridò più graziosa e minuta ancora, magari da porre dinanzi a un qualche finestrino che non aspettava altro. Tra i modi di dire al riguardo, ne abbiamo uno, tiȓé ij ridò, che incita a nascondersi o comunque ad occludere la vista esterna abbassando un velo.

Paolo Tibaldi

 

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