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Quella tartaruga dell’Unione europea

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo 1

In un’intervista recente Ken Follett, l’autore di fortunati romanzi storici sul Medioevo e non solo, interrogato sulla vicenda di Brexit ha dichiarato: «Studiare la storia mi ha portato alla convinzione che il progresso avviene in questo modo: due passi avanti e uno indietro. Conquistiamo una maggiore libertà, poi arriva la reazione, con i conservatori a denunciare che ci si è spinti troppo oltre. Complessivamente però il progresso non si ferma mai, possiamo dire che fa delle pause. E che noi viviamo in questo momento una pausa».

Sono parole di uno scrittore che, per raccontare vicende europee, ha indagato la nostra storia e oggi testimonia senza esitazione la sua amarezza per l’avventura che si appresta a correre il Regno unito alla vigilia della sua “secessione” dall’Unione europea e, tutto sommato, cerca di farsene una ragione, in attesa di tempi migliori.

Un atteggiamento che finiranno per condividere molti cittadini europei, in parte sfiancati da un azzardo che ha generato incertezze crescenti per anni e in parte sollevati al pensiero che domani meno nebbie peseranno sugli orizzonti futuri dei 27 paesi che restano nell’Unione europea e di quelli che vi entreranno nei prossimi anni.

Se il progresso fosse tutto nelle quantità, l’Ue potrebbe esserne fiera: dai 6 Paesi fondatori dei primi anni ’50 ai 28 di oggi, domani 27, e agli oltre 30 entro la fine del prossimo decennio, il bilancio degli allargamenti per unificare il continente sarebbe positivo e qualcosa di analogo si potrebbe dire del generale incremento di benessere, oltre che della anche più fondamentale salvaguardia della pace. Ma si tratterebbe di un bilancio reticente su altre considerazioni, quali la mancata crescita politica di una comunità rimasta largamente incompiuta e di una solidarietà che si è andata logorando nel tempo, consegnandoci oggi un’Unione “disunita” e attore declinante sulla scena mondiale.

Se Ken Follett dovesse descrivere il ritmo del percorso comunitario i conti tornerebbero: due passi nei suoi primi vent’anni di vita, un passo indietro tra gli anni ’70 e ’80, di nuovo passi avanti grazie alla frustata dell’abbattimento del Muro di Berlino nel 1989 e ancora paralizzata negli anni della crisi fino a oggi. Forse sarebbe anche corretto aggiungere che i passi avanti sono stati quelli lenti di una tartaruga, una animale simpatico e longevo che conta troppo sulla sua corazza per preoccuparsi della sua velocità di movimento.

E così siamo arrivati alla vigilia del prossimo decennio, quello che ci porterà al traguardo indicato dall’agenda Onu per uno sviluppo sostenibile alla data del 2030. In quella direzione conforta costatare che l’Ue viaggia nel gruppo di testa, a parecchie distanze dagli altri Paesi, ma purtroppo ancora lontana dal vincere una sfida difficile, in particolare in materia ambientale e di progresso tecnologico.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Conforta anche pensare che dovremmo essere adesso nella fase dei “due passi avanti”, dopo essere sopravvissuti a oltre un decennio di crisi, e con istituzioni radicalmente rinnovate nei suoi vertici e con programmi ambiziosi, come quello della nuova Commissione europea.

Senza dimenticare però che tutto questo dovrà fare i conti con pesanti vincoli esterni in provenienza da vecchie e nuove potenze che assediano l’Europa e con i limiti delle risorse strumentali e finanziarie di cui l’Ue dispone in una stagione di tensioni, alimentate da persistenti movimenti nazional-populisti, che rischiano di fornire pretesti alla tartaruga Ue per rallentare il ritmo dei suoi passi, proprio quando sarebbe urgente accelerare.

Franco Chittolina

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