Coronavirus: il medico Luciano Bertolusso individua le bufale e rivela i consigli utili per affrontare l’emergenza

Bertolusso: servono strategie per assicurare a tutti le cure
Luciano Bertolusso

Un Nord Italia che si scopre vulnerabile a causa del Covid – 19, il nuovo Coronavirus che dalla Cina è arrivato in Europa, contagiando più di 280 persone nel nostro Paese, con la maggior parte dei casi registrati tra Lombardia e Veneto, dove sono sette i morti. In Piemonte, secondo gli ultimi dati ufficiali diffusi dall’assessorato regionale alla Sanità, sono 3 i casi accertati, tutti residenti nel Torinese. Tra chiusure delle scuole e annullamento di ogni evento che implichi un assembramento di persone, la cittadinanza di trova a fare i conti con una situazione inedita nella storia recente del nostro Paese e che inevitabilmente rischia di generare panico. Abbiamo chiesto chiarimenti e consigli a Luciano Bertolusso, medico di medicina generale di grande esperienza con studio a Sommariva Perno, oltre a essere segretario provinciale della Federazione italiana dei medici di medicina generale, fin dalle prime ore in prima linea  a livello nazionale per cercare di contrastare la diffusione del virus, continuando a offrire il massimo servizio ai cittadini.

Dottore, come i suoi pazienti stanno vivendo l’emergenza Coronavirus?

C’è un forte disorientamento, generato dalla diffusione di notizie discordanti: da un lato c’è chi paragona il Covid -19 a una banale influenza e dall’altro lato viene diffuso costantemente il numero in crescita dei contagiati in Italia e dei decessi. Si rischiano i due estremi: da un lato si sottovaluta la situazione e dall’altro si genera panico, quando la verità ad oggi sta nel mezzo. In questi ultimi giorni, i medici di famiglia stanno lavorando a ritmo serrato: sono tantissime le persone alla ricerca di informazioni, di chiarimenti e di rassicurazioni, perché non è chiaro come ci si debba comportare e la nostra categoria rappresenta il primo anello di contatto tra il cittadino e l’universo della sanità.

Cerchiamo di fare chiarezza: quanto è legittimo spaventarsi per il Covid – 19?

Bisogna prima di tutto fare una serie di premesse, a partire dal fatto che stiamo parlando di un virus i cui meccanismi ad oggi non sono del tutto chiari. I Coronavirus sono una categoria molto nota, ma il Covid – 19 è una nuova mutazione, forse di origine animale. È il motivo per cui non abbiamo anticorpi contro questo nuovo virus e allo stesso tempo stiamo scoprendo le sue caratteristiche settimana dopo settimana. Per esempio, due mesi fa si affermava che i pazienti asintomatici non erano potenziali diffusori del virus. Oggi, come testimonia il fatto che in Lombardia non sia stato ancora identificato il paziente zero, è evidente che esiste la possibilità di trasmettere il virus senza sintomi evidenti, con un’elevata concentrazione virale. Alla luce di ciò, paragonarlo alla banale influenza è fuorviante: stiamo parlando di un virus più serio dell’influenza, molto più infettivo e soprattutto nuovo.

 

Quali sono le persone più a rischio di  sviluppare conseguenze gravi?

Su 100 potenziali persone infettate, secondo i dati ci cui siamo in possesso oggi, sappiamo che 80 svilupperanno sintomi para-influenzali o influenzali e 20 un’infezione seria, che in molti casi porta a un’insufficienza respiratoria. Di questi 20, 2 sono potenziali decessi. I soggetti più a rischio sono le persone con patologie preesistenti, come anziani cardiopatici, diabetici e in generale immunodepressi. Parliamo quindi di una mortalità che si aggira sul 2 per cento, che non va sottovalutata, senza scatenare scenari di panico.

 

Per i medici di famiglia, quanto è difficile identificare il Coronavirus a livello diagnostico?

Molto difficile, perché tra febbraio e marzo continuano a registrarsi casi di influenza, di patologie da raffreddamento, con magari febbre e tosse, tutti sintomi riconducibili anche al Covid. Se per quanto riguarda l’influenza, si fosse raggiunta la copertura vaccinale del 75 per cento tra i soggetti a rischio, sarebbe stato più facile mettere in atto una diagnosi differenziale. Ma in Italia questa copertura non è stata raggiunta, nonostante l’appello annuale dei medici di famiglia a vaccinarsi. Come possiamo comportarci allora? In questi giorni, ricevo almeno ogni giorno chiamate da cinque o sei pazienti che riferiscono sintomi influenzali e che non sono stati vaccinati. In prima battuta, mi informo sulla presenza di sintomi respiratori o se sono entrati in contatto con soggetti a rischio. Se non è così, è verosimile che sul nostro territorio si tratti di normale influenza, così indico una cura sintomatica, monitorando la situazione giorno dopo giorno, per essere al corrente dell’insorgere di nuovi sintomi che giustifichino un intervento ospedaliero e l’eventuale test per il Covid.

 

Quindi, qualora un paziente presenti sintomi influenzali, non bisogna recarsi nello studio del medico?

Come specificato dal nostro sindacato, affollare gli studi dei medici, così come i pronto soccorso, rappresenta un potenziale aumento del rischio di contagio. Se si hanno sintomi influenzali o da raffreddamento, è necessario contattare il proprio medico di famiglia, che metterà in atto un pre-triage telefonico. Se sarà necessario, sarà il medico a dare indicazioni per una visita di persona, su appuntamento.

 

È vero che i medici sono costretti a lavorare senza protezioni individuali?

Ci è stata fornita una mascherina a testa, del tutto insufficiente. In provincia di Cuneo, abbiamo già fatto richiesta all’Asl Cn1 e all’Asl Cn2 per avere un rifornimento di mascherine, anche per segretarie e personale ausiliario. Nel frattempo, per molti di noi è scattata la ricerca di mascherine online o nei pochi esercizi che ne hanno ancora la disponibilità. Da giorni, visito esclusivamente con la mascherina, che non è una protezione per chi la porta, ma per il paziente che viene visitato, qualora il medico fosse un portatore asintomatico. Senza mascherina, potrebbero generarsi situazioni molto pericolose, soprattutto per i soggetti a rischio.

 

Nella vita di tutti i giorni, come dobbiamo comportarci per scongiurare il rischio contagio?

Nella nostra area, dove non sono presenti focolai, è necessario attenersi ai divieti e alle norme previste a livello regionale. Nella vita quotidiana e nei contatti con le altre persone, è fondamentale rispettare il vademecum diffuso dal Ministero della sanità, che prevede una serie di norme igieniche, che dovrebbero essere rispettati per ogni virus, non soltanto per il Covid: dal lavaggio delle mani a coprirsi la bocca quando si tossisce, sono piccoli accorgimenti che tutti siamo chiamati a rispettare. E non c’è da spaventarsi se l’Amuchina è ormai introvabile, acqua e sapone per trenta secondi, con movimenti circolari e in tutti gli angoli, sono una prevenzione ottimale.

 

Francesca Pinaffo

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