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Il “sale” evangelico che dà sapore a tutta la vita

PENSIERO PER DOMENICA – V TEMPO ORDINARIO – 9 FEBBRAIO

Tutti e tre i sinottici riportano la similitudine del sale e della luce. Evidentemente piaceva molto a Gesù, che l’ha usata molte volte, tanto che è rimasta impressa nella mente dei discepoli e poi è confluita nei Vangeli. Essa inoltre è giunta a noi in contesti e versioni differenti: questo ci suggerisce che Gesù usò la similitudine in momenti diversi.

Il “sale” evangelico che dà sapore a tutta la vita
Gesù durante il discorso della montagna; miniatura francese del XIII secolo (Parigi, biblioteca Mazarine).

Nel Vangelo di Matteo (5,13-16), la similitudine del sale-luce è collocata immediatamente dopo le Beatitudini, un testo che quest’anno la liturgia ha omesso per fare posto alla festa della presentazione di Gesù Bambino al tempio. Gesù dice: «Voi siete il sale della terra», ammonendo a far attenzione che il sale non perda sapore. Chi vive le Beatitudini è il sale della terra: dà sapore, cioè senso alla vita sua e degli altri. Annacquare le Beatitudini è lasciare che il sale perda sapore, è spegnere una luce non solo per sé, ma per il mondo.

La diversità tra sale e luce è immediata ed evidente: la luce è fatta per essere vista, per splendere; il sale e il lievito non si devono vedere, ma se ne devono sentire gli effetti. Di luce non ce n’è mai abbastanza (ai tempi di Gesù, con lumi, torce e candele non c’era inquinamento luminoso!); di sale ne serve il giusto: né troppo né troppo poco! Ricordiamo una stagione della Chiesa, culminata nel convegno ecclesiale di Loreto (1985), in cui si scontrarono due concezioni della presenza cristiana nella storia: la cultura della mediazione (la vita cristiana come “sale”) sostenuta dall’Azione cattolica e la cultura della presenza (la vita cristiana come “luce” ben visibile) sostenuta da Comunione e liberazione e da altri movimenti. Per onore di cronaca ricordiamo che da Loreto uscì vincente la seconda opzione, purtroppo sconfitta dalla storia degli ultimi trent’anni: la “visibilità” dei cattolici in Italia si è ridotta al lumicino! Ecco perché è giusto e in linea con i tempi tornare a interrogarci.

Il sale è fatto per “accompagnare” il cibo, cioè per insaporirlo. Sulle nostre tavole c’era una netta distinzione tra pane e companatico, usato per insaporire il pane o, prima ancora, la polenta. Questa è la funzione del “sale” evangelico: dare sapore alla vita, nostra e di chi è vicino a noi. Ecco il ruolo dei credenti oggi: testimoniare che il Vangelo rende la nostra vita meno insipida, più saporita e anche più luminosa, soprattutto se sapremo fare nostre le scelte suggerite da Isaia (58,7-10): dividere il pane con chi ha fame, accogliere i miseri, lottare contro ogni forma di oppressione, non puntare il dito contro il prossimo e non parlare male di nessuno.

Lidia e Battista Galvagno

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