Perché il guscio dell’uovo o della frutta secca è detto “Gȓeuja” in piemontese? Scopriamolo

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Gȓeuja: Baccello di legumi, gheriglio, scorza, corteccia, guscio di uovo o di frutta secca

 

Il piemontese ha il privilegio di vantare un ampio ventaglio di lemmi per esprimere lo stesso concetto, a seconda della zona. Non s’intende province o territori; bensì da un bricco all’altro, pur capendosi più o meno tutti, ci sono parole assonanti ma non perfettamente identiche per intendere la stessa cosa. È il caso di oggi in cui si è dovuta scegliere una parola rappresentativa per la zona di Alba, Langhe e Roero. Non è però una parola unica.

Gȓeuja, infatti, è l’involucro vegetale, naturale, che contiene dentro sé il frutto stesso, qualcosa di edibile, una materia prima. Qualcuno la chiama in altri modi, comunque assonanti e riconducibili alla parola di oggi. Qualche esempio: gleuja, sgȓeuja, sgleuja. In ogni caso, possiamo associarla al baccello che contiene fave, piselli, fagioli; oppure un uovo, vera e propria cellula visibile ad occhio nudo, notoriamente protetto da un guscio; oppure il solidissimo involucro della frutta secca come noci, mandorle, nocciole, eccetera. La sua origine è antica, ma il piemontese l’ha presa in prestito dal provenzale con la parola grolha; altro non è che la scorza. Vi è anche un verbo roerino associato alle persone: groé, ovvero resistente e corazzato alle fatiche.

A proposito di nocciole, la società rurale di queste parti sa assolutamente quando è il momento giusto per vendere le nocciole contenute nei famosi sacchi di iuta. Il prezzo sale e scende di settimana in settimana e ogni proprietario deve capire quando è il momento buono, a volte anche rischiando che la settimana o il mese successivo sia più vantaggioso. D’altro canto non si può nemmeno tardare troppo, altrimenti rischiano di risultare sgradevoli! E con i gusci che si fa? Possono tornare utili per scaldarsi, gettandoli un po’ per volta nella stufa.

Tornando alla parola di oggi, vi è un curioso modo di dire quando si vuole sminuire qualcuno facendogli notare di essere ingenuo e un po’ sprovveduto negli affari della vita. Avej ra gȓeuja tacà aȓ cu, tecnicamente significa avere il guscio attaccato al sedere, ma è una metafora poiché costui è così pivello da non aver finito di sgusciarsi (desgȓojesse).

Paolo Tibaldi

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