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Quelle norme sul gioco che vogliono cambiare

La Lega ha promesso in campagna elettorale di ridimensionare la legge regionale del 2016 in materia di prevenzione e contrasto delle ludopatie: palazzo Lascaris al lavoro in questi giorni per farlo

Quelle norme sul gioco che vogliono cambiare

IL PUNTO/1 Già a ottobre abbiamo detto come la proposta di modifica fosse solo questione di tempo, settimane, forse mesi. E ora parte l’attacco del centrodestra alla legge regionale del 2016 in materia di prevenzione e contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico. Gli esercenti sono mobilitati e parte della politica ha promesso di dare loro ascolto.

Le commissioni consiliari in seduta congiunta, lunedì 27 gennaio, hanno deciso che entro un mese si dovranno svolgere le consultazioni dei soggetti portatori d’interesse, mentre in tempi stretti la Giunta regionale svolgerà la clausola valutativa, quindi relazionerà sugli effetti concreti di attuazione della norma in vigore.

In Piemonte la legge approvata dal centrosinistra vieta le slot-machine nelle sale giochi e negli esercizi pubblici situati a meno di 500 metri dalle cosiddette zone sensibili (scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, ospedali, oratori, istituti di credito e stazioni ferroviarie). Nei Comuni con meno di cinquemila abitanti la distanza minima diventa di 300 metri. A differenza di quanto accade in altre regioni, il “distanziometro” si applica però non solo alle nuove aperture ma anche agli esercizi esistenti. L’innovativa normativa ha infatti imposto due step: dal novembre 2017 ha vietato le slot negli esercizi pubblici che non rispettano la distanza di 500 metri. Dal maggio 2019 sono state sottoposte al “distanziometro” anche le sale giochi e scommesse, a parte quelle con autorizzazioni decorrenti dal gennaio 2014, la cui scadenza è prevista nel maggio 2021.

Le proposte di modifica della normativa sono due: quella di Claudio Leone (Lega) e quella di Giorgio Bertola (M5s). Le due ipotesi, con opposte filosofie, puntano a modificare la legge regionale in vigore: rendendola non più retroattiva e limitando gli effetti del “distanziometro” quella di Leone; potenziandone ancora gli effetti, quella di Bertola.

La modifica della normativa sul gioco d’azzardo patologico, promessa in campagna elettorale dalla Lega, entra quindi nel vivo e c’è da prevedere che monopolizzerà la discussione nei prossimi mesi. Le opposizioni, in modo particolare il M5s, promettono battaglia per difendere quella che viene da più parti ritenuta una delle migliori leggi varate negli ultimi anni, capace di eliminare le macchinette dai centri storici e di ridurre drasticamente la quantità di denaro giocato.

A spingere sono innanzitutto gli esercenti; spiega Mario Negro, presidente onorario dell’associazione Astro: «Abbiamo mandato al presidente Cirio e ai 51 componenti del Consiglio regionale una lettera in cui riassumiamo l’impatto della legge antiludopatia piemontese sulle aziende del settore giochi. Abbiamo spiegato come la normativa attuale non abbia risolto in alcun modo e nemmeno attenuato il problema della dipendenza. Ha soltanto provocato la chiusura di molte aziende e i licenziamenti dei dipendenti. A Cirio abbiamo espresso l’auspicio che il nuovo Governo della Regione si ponga su una linea di discontinuità rispetto al precedente, attraverso una modifica della legge».

Secondo gli esercenti la norma avrebbe portato a una perdita per l’erario di 174 milioni di euro e di 7,3 milioni di euro di canone concessorio, accanto a un taglio di posti di lavoro tra i 1.300 e i 1.700, senza un abbattimento del giocato che cresce, grazie all’on-line del 3 per cento. Una crescita che, a onor del vero, in Piemonte è la più bassa d’Italia e molto al di sotto della assai elevata media nazionale.

Claudio Leone (Lega) commenta: «La proposta di modifica punta essenzialmente a limitare i divieti alle nuove aperture, salvando le attività già in esercizio. Secondo il testo, i locali pubblici e le sale giochi che alla data del 19 maggio 2016 già ospitavano slot e Vlt (video lottery terminal) non devono essere soggetti al “distanziometro”. Inoltre, non si può parlare di nuove aperture nel caso in cui, a seguito di cessione o affitto, si cambi la titolarità dei locali in cui sono installati gli apparecchi: anche questi casi non devono essere soggetti al “distanziometro”».

Si prevede che la modifica possa quasi azzerare gli effetti della legge del 2016.

Marcello Pasquero

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