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Unione europea, la Commissione presenta un programma con poca concretezza

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo 1

A due mesi dal suo insediamento, la Commissione europea ha presentato il 29 gennaio, il suo programma di lavoro 2020. Si tratta di una traduzione degli orientamenti politici annunciati nel luglio scorso, presentata sotto il titolo Un’Unione più ambiziosa, un mantra che ci accompagnerà durante tutta la legislatura, destinato a diventarne anche un rischioso metro di valutazione. Il programma della Commissione è contenuto in una dozzina di pagine che avrebbero guadagnato a essere più concise e, soprattutto, più concrete.

Più concise lo potevano facilmente essere evitando di ripetere pari pari note precedenti; più concrete, se fossero stati precisati meglio almeno gli interventi dei primi 100 giorni, alcuni dei quali appena genericamente indicati. Al punto che si ha l’impressione che la parte più concreta del documento sia quella relativa alle iniziative della passata Commissione o da abbandonare o da aggiornare.

Il programma appena presentato ripercorre le sei ampie priorità degli orientamenti politici, che non è qui il caso di riprendere dettagliatamente, salvo concentrarsi su l’una o l’altra di queste.

Proviamo a farlo concentrandoci sull’ultima priorità della lista, che non sarebbe stato male trovare in prima posizione: quella dall’impegnativo titolo Un nuovo slancio per la democrazia europea.
Si comincia con l’annuncio di un «piano di azione per la democrazia europea destinato a migliorare la resilienza delle nostre democrazie e ad affrontare le minacce di ingerenza esterna che planano sulle elezioni europee». Lodevoli intenzioni, ma anche un po’ poco quando sappiamo quanto siano “malate dentro” le nostre democrazie rappresentative e quanto sia necessario qualcosa di più che non la “resilienza” per ridare loro slancio.

Si inserisce qui un cauto riferimento alla Conferenza sul futuro dell’Europa, di cui nulla di concreto si dice, in attesa che il Consiglio si esprima e già si sa che non saranno proposte rivoluzionarie, probabilmente in riduzione rispetto alle richieste del Parlamento.

Si può anche capire la prudenza adottata, quando si sa quanto sul tema potrà pesare l’impegno della Commissione a presentare il primo rapporto annuale sullo stato di diritto e una strategia per la messa in opera della Carta dei diritti fondamentali: due strumenti non banali se coraggiosi, come potranno constatare Polonia, Ungheria e non solo, in questa stagione di logoramento dei diritti, con il rischio di innescare tensioni tra i governi nazionali e le istituzioni europee.

Il capitolo prosegue senza sorprese, annunciando una strategia in favore dell’uguaglianza tra uomini e donne e misure in favore dei Rom e delle popolazioni vulnerabili esposte a discriminazioni.
Interessante infine trovare a conclusione del capitolo sulla democrazia nell’Unione l’annuncio di un rapporto sull’incidenza dell’evoluzione demografica, di una visione di lungo periodo per le zone rurali e un libro verde sull’invecchiamento, oltre un’agenda del consumatore. Sarebbe stato interessante vedere esplicitata meglio la pertinenza di questa scelta nel quadro del rilancio della democrazia, in particolare quando si conoscono gli orientamenti elettorali nell’Unione europea delle zone rurali e delle persone anziane.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

A prima vista, a proposito di questo capitolo decisivo per una Unione più ambiziosa, si ha l’impressione che più che di un programma di lavoro si tratti ancora soltanto di un programma di studio: sicuramente benvenuto, a condizione che non ritardi l’adozione di iniziative concrete ormai urgenti, se non già tardive.

Franco Chittolina

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