1630, la peste e gli “untori buoni” di Bra

1630, la peste e gli “untori buoni” di Bra

STORIA/1  In un frangente, quello della peste del 1630-31 di manzoniana memoria, nel quale furono tante le persone messe a morte durante la caccia all’untore, anche Bra ebbe degli untori, ma “untori buoni”. La pestilenza, comparsa alla fine di maggio con un carrettiere di Garessio morto sulla strada di Bandito, nell’agosto 1630 aveva iniziato a fare strage nei dintorni di Bra; le autorità per fermare il contagio fuori dalle mura avevano imposto la quarantena e creato un lazzaretto, prima in regione Marie e poi a San Giovanni Lontano.

Ma era questione di poco tempo: le autorità lo sapevano bene e tra i rimedi non veniva trascurato neppure il ricorso alla protezione divina e dei santi. Così il 4 settembre il Consiglio comunale accolse con interesse e favore il racconto del sindaco Antonio Maria Boarino, il quale riferiva che ad Asti aveva avuto notizia di come a Milano esistesse una lampada dalla quale fuoriusciva olio miracoloso, «che trovandosi infetti di mal contagioso si risanano et altri si preservano da detto male» e il vicario della città di Asti confermava l’informazione e spiegava come egli stesso ne avesse mandato a prendere. I consiglieri deliberarono di inviare due persone «in Asti o Millano per haver dell’olio» e dovendo recarsi a chiedere l’olio in un convento domenicano era quasi inevitabile che uno dei due prescelti fosse un appartenente dell’ordine dei frati predicatori, padre Alessandro Brizio; l’altro era un rappresentante dei ceti dirigenti, il «signor cavalier Guglielmino Saraceno», membro di una delle famiglie che da alcuni secoli fornivano consiglieri, sindaci e podestà alla città.

Intanto anche a Cherasco ci si attrezzava per organizzare un viaggio analogo. Lo stesso giorno, il 4 settembre, che il Boarino aveva relazionato sulla questione dell’olio ai consiglieri di Bra, altrettanto aveva fatto a Cherasco l’avvocato Girolamo Arnulfo, tornato da Asti a raccontare del «miracolo a Milano per l’olio della lampada che inserve a guarir dal mal contaggioso». Anche i maggiorenti cheraschesi si erano convinti della validità dell’iniziativa e avevano deciso di inviare a Milano il padre domenicano Gregorio Gioia e il «dottor di leggi» Napolleone Lunello, ma preferirono sottoporre la questione al referendario apostolico Giovanni Secondo Ferrero Ponziglione, anch’egli cheraschese. I due partirono per Torino: i documenti non dicono se il Ponziglione si espresse favorevolmente e se il viaggio proseguì, oppure se a Lunello e a padre Gioia venne suggerito di tornare a Cherasco.

Un viaggio come quello intrapreso dagli “untori buoni” braidesi e cheraschesi non era affatto un’impresa da poco: ai disagi legati agli spostamenti a cavallo o in carrozza e ai controlli legati alla necessità di attraversare territori sottoposti a diversi sovrani, in un periodo caratterizzato dalla peste si sommavano le verifiche di tipo sanitario e l’impossibilità di entrare in tanti paesi e città che, chiuse le porte, impedivano l’accesso ai forestieri nella speranza di tenere fuori la «contagione». Gli estranei erano poi visti con particolare sospetto, come possibili untori e il rischio di finire arrestati o linciati era reale. La chiesa nella quale gli emissari braidesi avrebbero dovuto prelevare l’olio ritenuto miracoloso era quella della Madonna delle grazie, annessa al convento domenicano e se il nome dice poco ai più, è nota invece nel mondo una sala che allora faceva parte del complesso monastico, tanto da costituirne il refettorio, nella quale è affrescata L’ultima cena di Leonardo da Vinci.

I braidesi riuscirono a procurarsi l’olio, ma al loro rientro a Bra trovarono una tragica novità nell’evoluzione dell’epidemia: la peste era entrata in città. Il 13 settembre il Consiglio comunale fu chiamato a decidere se si dovessero «abrugiar le case sotto la Madonna del castello, nelle quali si sono morte persone di contaggione o vero prendersi altro rimedio». Appiccare il fuoco alle abitazioni pareva l’unico rimedio per fermare il dilagare della malattia e anche in questo caso, come per l’unzione, ci troviamo di fronte a un elemento, la fiamma, dal valore ambivalente: da un lato l’immagine del fuoco eterno della dannazione, dall’altro le fiamme non devastanti ma purificatrici del purgatorio, che permettono alle anime di mondarsi e raggiungere il premio eterno. Come quest’ultime, il fuoco appiccato alle case avrebbe dovuto cancellare l’impurità del contagio per permettere ai sani di vedere la fine dell’epidemia.

Il 15 settembre i consiglieri decisero cosa si dovesse fare dell’olio santo portato da Milano: «Hanno ordinato si distribuischi nella chiesa di Santo Gioanni dal reverendo padre guardiano de Socolanti o da uno de suoi padri da lui elletto, reponendosi tal olio ove si ritrova la cassa del corpo di Santa Vittoria, tenendo li signori sindici una delle chiavi et l’altra dal detto padre guardiano, del qual olio se ne prenderà quanto ne farà bisogno. Et la mattina in detta chiesa si farà cantar una messa solenne in ringraziar nostro Signore per la venuta di detto olio et conforme all’intenzione de signori consiglieri, notificandosi per il loco si come si userà detto olio in detta chiesa: alli pentiti, confessati et comunicati quali ne vorrano prender». L’olio miracoloso viene dunque affidato alla custodia dei frati Minori osservanti (popolarmente noti come Zoccolanti) che 28 anni prima si erano insediati in Bra e poi avevano assunto la gestione della parrocchia di San Giovanni (al tempo si trovava nella zona soprastante l’ala). L’autorità comunale, riservando una chiave ai sindaci, dimostrava di non voler rinunciare totalmente al controllo della preziosa sostanza, ritenuta anche uno strumento sanitario su cui era competente l’autorità civile.

L’olio santo e la fede dei braidesi non fermarono il dilagare dell’epidemia, che avrebbe continuato a mietere vittime ancora per un anno. Alla prima «consegna delle bocche» (il censimento) dopo la scomparsa del morbo gli abitanti sarebbero risultati 2.319: la peste aveva ucciso circa 700 braidesi, poco meno di un quarto della popolazione.

Diego Lanzardo

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