Canale: pure i volontari del Var sono impegnati nella lotta alla pandemia

Il coronavirus ha mutato l’attività giornaliera delle ambulanze, a fronte di servizi sospesi se ne sono aggiunti altri verso gli ospedali

Canale: pure i volontari del Var sono impegnati nella lotta alla pandemia

ASSOCIAZIONI  Nella notte tra il 17 e il 18 marzo le ambulanze del Var (Volontari ambulanza Roero) di Canale hanno effettuato diversi interventi per casi sospetti di contagio da coronavirus.

«Sono uscita dalla sede a mezzanotte e mezzo, e l’equipaggio del 118 si stava preparando per un caso dubbio a Castellinaldo», racconta Annamaria Nuzzi, presidente dell’associazione. «Due volontari e un infermiere erano intenti a indossare tutti i dispositivi di sicurezza. È andata avanti così per tutta la notte e la mattina seguente. Mercoledì mattina, invece, ho preparato i turni dei volontari per le giornate a venire». In questi giorni l’attività del centro è frenetica, ma ordinata. Dei servizi offerti normalmente – emergenze, trasporto dializzati, anziani e disabili – soltanto l’attività che riguarda i disabili è stata sospesa.

Annamaria Nuzzi è un medico, in pensione da pochi mesi, che da oltre 30 anni dirige l’associazione Var di Canale, affiliata all’organizzazione nazionale Anpas. «Siamo in servizio dal 1982. Oggi l’associazione conta circa 135 volontari e un parco automezzi di tutto rispetto: cinque ambulanze, cinque mezzi attrezzati al trasporto disabili, un pulmino e due autovetture. L’associazione opera principalmente sul territorio roerino, da Govone sino a Baldissero, dove comincia la zona di competenza della Cri di Sommariva del Bosco». La presenza del Var non garantisce solo una copertura delle emergenze sanitarie, ma costituisce un vero e proprio servizio sociale sul territorio. Dei 5.500 interventi annuali complessivi, infatti, sono circa 1.400 le emergenze del 118.

Le altre uscite riguardano i trasferimenti ospedalieri, il trasporto di anziani e di pazienti in dialisi in ospedale, e quello dei disabili nei centri diurni, come il Pin Bevione di Borbore e il Principe Ranocchio di Canale. Circa quest’ultimo servizio, Nuzzi sottolinea: «È un’attività a cui i nostri volontari sono molto affezionati. Ci teniamo tanto».

L’emergenza coronavirus ha mutato l’attività giornaliera dell’organizzazione, senza stravolgerla. A fronte dei servizi sospesi se ne sono aggiunti di nuovi, come il trasporto dei pazienti da un ospedale all’altro, e i volontari più fragili sono stati temporaneamente sollevati dal servizio per evitare il rischio di contagio. «È una situazione senza dubbio molto impegnativa, di forte stress e che richiede molte risorse. Ma stiamo riuscendo a gestirla», ha ribadito il presidente Nuzzi. Le operazioni ordinarie sono rese più problematiche dalla necessità di prendere precauzioni contro la virulenza del Covid-19.

Dopo ogni viaggio, di qualsiasi tipo esso sia, i volontari provvedono a sanificare e pulire il veicolo utilizzato con soluzioni certificate. E lo stesso vale, ovviamente, per le ambulanze. Durante tutta la durata del turno i volontari indossano guanti e mascherine chirurgiche; mentre quando si entra in contatto con pazienti sospetti si ricorre alla protezione massima: mascherine con filtro, camice, cappellino, calzari e guanti.

«In questi giorni di tensione, sono spesso le mogli, i mariti o i familiari a chiedere ai volontari di non prestare servizio per timore di un contagio. Ecco perché cerco di essere il più presente possibile in centrale: per rassicurare senza minimizzare il problema. Stiamo prendendo ogni precauzione possibile e mi sento di dire che è molto più sicuro andare al Var che recarsi in un negozio ad acquistare la verdura, se i dipendenti non indossano le adeguate protezioni».

La stessa logistica del centro è stata modificata al fine di assicurare la migliore prevenzione: i volontari stazionano in sede solo negli orari del proprio turno e trascorrono a casa le eventuali pause; inoltre, siccome la sede si trova all’interno della cittadella della salute di Canale, tutti i volontari all’ingresso passano per la postazione di triage dell’ospedale.

Annamaria Nuzzi: «Supporto umano oltre che clinico»

La dottoressa Annamaria Nuzzi è socia dal 2019 dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci) e, in accordo con lo spirito del sodalizio, ha così concluso l’intervista: «Il mio più grande ringraziamento va a tutti i volontari, in particolare a coloro che stanno facendo i turni doppi per coprirei buchi. Paura e timore ci devono essere perché sono ciò che ci consente di non abbassare mai la guardia, ma mi piacerebbe far passare un messaggio positivo. Lavoriamo in situazioni di sicurezza totale e continuiamo a farlo perché crediamo in questa missione rivolta agli altri. È fondamentale stabilire una relazione  con il malato, più che mai quando si trova in situazioni di isolamento: aiutare significa quindi essere vicini, fornire ai pazienti un supporto umano oltre che di carattere clinico».

Federico Tubiello

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