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Cimice asiatica, è tempo di pensare a prevenire

È difficile eliminare la cimice asiatica

ANALISI Il settore corilicolo da comparto marginale nell’economia agricola piemontese, sta acquisendo un’importanza via via maggiore sia per le superfici investite, in continuo aumento, che per il valore economico creato. Le sfide che i corilicoltori si preparano ad affrontare nell’attuale campagna agraria sono difficili, tanto da suscitare non poche perplessità e apprensioni. È un paio d’anni che – per la cimice asiatica nel 2018, e nuovamente per la cimice accompagnata da una fortissima cascola le cui cause sono ancora da comprendere appieno, nel 2019 – i risultati finali si collocano al di sotto delle aspettative. Come nel 2019 anche per il 2020 si parte con un cauto ottimismo: la fioritura si è presentata generalmente ricca, mentre l’assenza di piogge e un clima mite e ventilato dovrebbero aver favorito un buon livello di impollinazione.

Nonostante questo presupposto positivo, il pensiero dei corilicoltori non può non andare verso quella che è stata la principale avversità contro cui ci si è dovuti difendere nelle ultime annate: la cimice asiatica. Molte speranze suscitano le voci riguardanti la possibile introduzione dei nemici naturali di halyomorpha e, proprio in questo ambito, è opportuno fare chiarezza e un breve riepilogo su quanto finora avvenuto. Nel corso della passata campagna agraria aveva suscitato interesse, e alcune timide speranze, il lancio di un parassitoide autoctono l’anastatus bifasciatus che comunque già non suscitava il massimo delle aspettative sulle proprie capacità nel contenere l’infestazione di cimici asiatiche. I risultati non si sono visti, ma non si sarebbero neppure potuti vedere in un tempo così breve. La speranza è che l’azione di anastatus accompagnata a quella dei nuovi parassitoidi, più specifici, che potrebbero a breve venire diffusi nell’ambiente, possa riportare all’equilibrio un ecosistema alterato dall’ingresso improvviso di halyomorpha halys.

È in dirittura d’arrivo l’autorizzazione – manca solo un ultimo passaggio da parte del Ministero dell’ambiente riguardo alla definizione dei criteri da seguire – della possibilità di attuare una lotta biologica contro la cimice attraverso l’introduzione nell’ambiente di un suo parassitoide specifico: il trissolcus japonicus, la cosiddetta vespa samurai. Il programma di lotta biologica nei confronti di halyomorpha halys, per avere successo, avrà bisogno che molti tasselli vadano al proprio posto: è innanzitutto importantissimo che i lanci di trissolcus possano avvenire al più presto e il parassitoide possa svolgere da subito la propria azione sulle uova di cimice asiatica, così che la popolazione dell’insetto venga ridotta prima che riprenda a riprodursi.

Rimane comunque un interrogativo di fondo sui tempi che saranno necessari affinché la vespa samurai si insedi nell’ambiente, si sviluppi, si diffonda capillarmente e possa svolgere la propria azione di parassitizzazione delle uova di halyomorpha. In questo caso il parere degli esperti concorda nell’indicare in almeno un paio di anni il periodo necessario che dovrà trascorrere per cominciare a vedere i primi risultati e perché si ricrei un equilibrio nel rapporto tra l’insetto dannoso e il proprio limitatore.
Sperando che la diffusione di trissolcus japonicus possa presto risolvere l’emergenza cimice asiatica, ma consci che questo non potrà manifestare i propri effetti positivi già nella prossima campagna, occorrerà porre in atto tutta una serie di attività preventive che potranno portare al migliore controllo possibile del fitofago.

La ricerca di nuove soluzioni per il contenimento della cimice asiatica non si ferma al rilascio di insetti antagonisti ma si sta lavorando contemporaneamente su altri contesti. A titolo di esempio: la fondazione
Mach sta studiando il meccanismo di corteggiamento dell’halyomorpha halys in modo da sfruttarlo nella  lotta all’insetto. Per accoppiarsi, maschi e femmine comunicano tramite vibrazioni che una volta decifrate possono venire utilizzate per costruire trappole. Molto più avanti sono gli studi del Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari (Disafa) dell’Università di Torino: essi hanno dimostrato l’efficacia di sostanze battericide che, una volta giunte a contatto con le uova della cimice asiatica, ne mortificano i batteri simbionti, presenti sulla superficie. L’eliminazione di tali simbionti, indispensabili alla vita e alla crescita dei giovani  di cimice appena schiusi, ne causa la morte nel giro
di poche ore. Un’ulteriore buona notizia è che queste sostanze battericide, già a disposizione, non vanno a interferire con i parassitoidi zoofagi di cui tanto si parla né, tanto meno, con gli altri limitatori della cimice.

Alberto Pansecchi

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