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Coronavirus, superati i 10mila morti. I guariti sono oltre 12mila

Sono i nuovi dati della Protezione civile

Protezione civile: Borrelli incontra a Roma i sindaci dei Comuni montani

CORONAVIRUS Superate le diecimila vittime in Italia per il coronavirus. Sono 10.023 i morti, con un aumento rispetto a ieri di 889. Venerdì l’aumento era stato di 969. Il dato è stato reso noto dalla Protezione Civile.

Sono 12.384 le persone guarite in Italia dopo aver contratto il coronavirus, 1.434 in più di ieri. E’ l’incremento più alto registrato dall’inizio dell’emergenza.  Ieri l’aumento dei guariti era stato di 589.

Sono complessivamente 70.065 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a ieri di 3.651. Venerdì l’incremento era stato di 4.401. Il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 92.472.

Sono 3.856 i malati ricoverati in terapia intensiva, 124 in più rispetto a ieri. Di questi, 1.319 sono in Lombardia. Dei 70.065 malati complessivi, 26.676 sono poi ricoverati con sintomi e 39.533 sono quelli in isolamento domiciliare.

“Sicuramente se non fossero state adottate misure drastiche di contenimento avremmo ben altri numeri e le strutture sanitarie già in condizioni critiche sarebbero in stato drammatico. Sarebbe stata una situazione insostenibile”. Così il commissario Angelo Borrelli in conferenza stampa alla Protezione civile, rispondendo a una domanda sull’elevato numero di morti anche oggi e sull’effetto delle misure prese.

Chiunque arrivi in Italia su aerei, navi, treni o veicoli “è tenuto a consegnare al vettore all’atto dell’imbarco una dichiarazione che, specifichi i motivi del viaggio, l’indirizzo completo dell’abitazione dove sarà svolto l’isolamento fiduciario”. E’ una delle disposizioni che entrano in vigore oggi per chiunque faccia ingresso nel nostro Paese per contrastare il diffondersi del coronavirus. Vettori e armatori dovranno anche misurare la temperatura dei passeggeri e dotarli di mascherine. A stabilirlo un’ordinanza del Mit e del ministero della Salute.

Le persone che vogliono andare in chiesa possono farlo perché “non è prevista la chiusura delle chiese” ma “al fine di limitare gli spostamenti dalla propria abitazione” è “necessario che l’accesso alla chiesa avvenga solo in occasione di spostamenti determinati da comprovate esigenze lavorative, ovvero per situazioni di necessità”. In altri termini, si può andare in chiesa solo sulla strada che conduce al lavoro o al supermercato o farmacia. Lo precisa una nota del Viminale inviata alla Conferenza Episcopale Italiana.

I matrimoni in chiesa “non sono vietati” ma a condizione che “il rito si svolga alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni e siano rispettate le prescrizioni sulle distanze tra i celebranti”. Lo chiarisce una nota del Viminale inviata alla Conferenza Episcopale Italiana in risposta a dei quesiti posti dagli stessi vescovi.

Il Paese sarà “effettivamente al sicuro solo quando l’indice di contagio, il cosiddetto R con zero, sarà inferiore a uno, cioè quando una persona positiva avrà la potenzialità di infettare meno di una persona, ma è difficile dire ora quando ciò accadrà”: lo spiega all’ANSA l’epidemiologo Pierluigi Lopalco. “Ci sono ancora troppe incognite – sottolinea – e sarà necessaria ancora qualche settimana si sorveglianza stretta dei casi”. L’interruzione dell’epidemia, chiarisce l’esperto, “si ha quando l’indice di trasmissione definito ‘R con zero’ è al di sotto di 1. Ciò si evince da diversi parametri a partire dal numero dei casi e dalla stima della quota di persone che possono contrarre ancora la malattia rispetto a chi ha invece sviluppato gli anticorpi”. E’ però ora “molto difficile – avverte – poter dire quando raggiungeremo il valore R con zero inferiore ad 1. Molto dipende dall’andamento dell’epidemia in Lombardia e speriamo che non ci sia un ulteriore aumento dei casi a Milano. Al momento, cioè, ci sono troppe incognite”. Rispetto all’andamento generale della curva epidemica, Lopalco rileva come “c’è un rallentamento che ci fa sperare, ma è necessaria estrema cautela prima di poter dire che abbiamo svoltato. La diffusione di un giorno è quella che in realtà risale ai contagi di almeno una settimana prima, quindi prima di pronunciarsi bisogna essere certi che il trend si stabilizzi”. Ciò che è certo, rileva, è che “le misure adottate stanno dando i loro frutti, ma al momento non si può dire quando ci sarà un calo dei casi giornalieri perchè potrebbero aprirsi dei nuovo focolai, così come – conclude – anche il cosiddetto picco è un concetto astratto ed abbastanza relativo”.

Riaprire fabbriche e scuole: è l’idea di Matteo Renzi, espressa in una intervista ad Avvenire che ha innescato immediate reazioni.

(ANSA)

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