Don Gigi: io resto qui, la povertà non si ferma

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LA STORIA/1  «Andiamo avanti: come il coronavirus non ferma la povertà, anche noi non ci fermiamo». In questi giorni in cui tutto è stato assorbito dall’epidemia, don Gigi Alessandria non abbandona la sua nave: il centro di prima accoglienza di via Pola ad Alba, che gestisce da quarant’anni, continua ad accogliere e aiutare i più bisognosi. Con le giuste precauzioni, per tutelare la salute di tutti e prevenire i contagi. Via Pola ogni sera offre la cena e un letto a persone senza casa: «Ora accogliamo 27 persone. La questione più complessa è la gestione degli spazi, che non sono grandi, in un momento in cui è fondamentale mantenere le distanze».

Così don Gigi ha pensato a «delle isole separate», come le chiama lui. Gli spazi, dal refettorio alle camere per la notte, sono stati organizzati in modo da creare nuclei distinti, senza contatti tra l’uno e l’altro: «Faremo tre o quattro zone diverse, dove le persone saranno divise a piccoli nuclei. Così, nel malaugurato caso in cui un ospite si ammalasse, si ridurrebbe di molto il rischio di contagio per gli altri. Anche a cena si mantengono le distanze, con non più di una persona seduta a ogni tavolo». Nel frattempo, sempre per la prevenzione, don Gigi ha preso la decisione di sollevare tutti i volontari dai loro impegni quotidiani: «Molti hanno più di 70 anni: il volontariato è lodevole e indispensabile, ma in questo momento è troppo rischioso, perché non potremmo garantire la massima sicurezza». Così, da una quarantina di persone che ogni settimana ruotano attorno a via Pola, sono rimasti in tre: «Un operatore in ufficio, la cuoca, che non ha alcun contatto con gli ospiti e si limita a preparare la cena, e ovviamente io, che resto al mio posto», dice don Gigi.

Per mandare avanti la struttura, la parola chiave è autogestione, come in una famiglia o in una squadra: «I nostri ospiti stabili non hanno più di trentacinque anni: circa 17 di loro lavorano e stanno fuori tutto il giorno, mentre gli altri stanno collaborando al massimo nella gestione. Durante il giorno, chi non ha un lavoro resta al centro, fa le pulizie, disinfetta i locali e i letti, per evitare rischi. Abbiamo comprato dei distributori di gel igienizzante per le mani, posizionati in diversi punti».

La sera, come sempre alle 19, fuori dall’ingresso arrivano persone alla ricerca di un pasto. Hanno una casa, ma sono poveri. «Anche per la distribuzione della cena, ci siamo riorganizzati. Per evitare il formarsi della coda all’esterno, prepariamo già le borse con i piatti: appena arriva qualcuno, gli consegniamo il cibo dalla porta. Ogni sera, serviamo una ventina di famiglie».

Il messaggio di don Gigi è chiaro: «Il momento non è facile per una realtà come la nostra, ma l’autogestione funziona: i nostri ospiti si stanno impegnando, perché i servizi continuino a essere garantiti. Non possiamo permettere che, a causa del coronavirus, ci siano persone in strada o senza un pasto caldo: dobbiamo evitare un’ulteriore emergenza in città».

f.p.

#IORESTOACASA: ANDRÀ TUTTO BENE

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