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Per l’integrazione proposte le cene a casa dei rifugiati

Progetto proposto dalla cooperativa Alice e lanciato in prima istanza dalla Rete italiana di cultura popolare l’ultimo sabato del mese

Per l’integrazione proposte le cene a casa dei rifugiati

IMMIGRAZIONE/1 Accorciare le distanze, oltrepassare la cortina di numeri, astrazioni e opinioni. Per conoscere gli uomini serve incontrarli, non solo leggerli sulle pagine di un giornale o scrutarli su uno schermo televisivo.

“Indovina chi viene a cena?” è il progetto proposto dalla cooperativa Alice e lanciato in prima istanza dalla Rete italiana di cultura popolare. L’obiettivo è quello di accompagnare i rifugiati che vivono nelle Langhe e nel Roero nel loro percorso di integrazione sociale, linguistica, relazionale. Sarà possibile cenare a casa dei ragazzi, ospitati in abitazioni del territorio e facenti parte del progetto di accoglienza Siproimi (ex Sprar).

Le cene si terranno ogni ultimo sabato del mese: 29 febbraio, 28 marzo, 25 aprile e 30 maggio, in contemporanea in tutte le case d’Italia (e non soltanto) aderenti al progetto.
Per partecipare è possibile prenotare tramite Sms o WhatsApp entro il giovedì prima dell’evento al numero telefonico 366-56.29.822.

Dietro la spensieratezza dell’iniziativa si cela però una situazione sociale critica. Secondo un report dell’Ispi dal titolo I nuovi irregolari in Italia pubblicato un mese fa, tra giugno 2018 e dicembre 2020 il numero degli irregolari in Italia aumenterà di almeno 140mila unità. Questo a causa dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza voluti dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini. In totale entro il 2020 il numero di migranti irregolari presenti in Italia potrebbe superare quota 670mila.

Nello “scenario base”, quello in cui l’Italia avesse mantenuto tutti e tre i livelli di protezione internazionale (status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), gli irregolari in Italia sarebbero aumentati di circa 70mila unità. Ma il provvedimento di Salvini potrebbe aggiungere ulteriori 70mila persone, raddoppiando il computo.

Parliamo di persone a rischio non solo economico e abitativo, ma anche sanitario e psicologico. Le condizioni di indigenza protratta e di assenza di una rete sociale in grado di favorire l’integrazione conducono a un progressivo disfacimento umano e materiale, a patologie organiche e mentali.
Un’altra contraddizione del decreto sicurezza è che coloro che hanno il permesso di soggiorno ma non rientrano nelle categorie ammesse al Siproimi rimangano a carico dei servizi sociali territoriali, imprimendo un carico aggiuntivo a un sistema già oberato. Insomma, il decreto Salvini ha avuto come effetto quello di confondere il sistema e creare danni aggiuntivi a quelli che pretendeva di voler eliminare.

Per concludere, secondo il recente rapporto Action aid di Openpolis, il nuovo modello penalizzerebbe l’accoglienza diffusa (prima erano presenti vari gestori dell’ospitalità, alcuni grandi, altri piccoli e virtuosi, come nel caso della cooperativa Alice di Alba), privilegiando i grandi gestori, con significative capacità economiche.

Si tratta di mega-strutture in cui il principio della quantità viene anteposto alla qualità, sacrificando i percorsi di integrazione necessari ad accompagnare i migranti nel processo evolutivo del ripartire da zero.

Sara Elide

INTEGRAZIONE E ACCOGLIENZA

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