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Alessia, biotecnologa, scopre se c’è il virus

La giovane laureata fa parte del laboratorio di biologia molecolare del Carle

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LA STORIA Alessia Negro, 25 anni, è una giovane laureata in biotecnologie mediche. Abita a Centallo, dove si sono trasferiti anche i suoi nonni paterni che sono nati e cresciuti nelle Langhe. A maggio 2018 Alessia ha iniziato a lavorare all’ospedale Carle di Cuneo e, da gennaio 2019, è entrata a far parte del laboratorio di biologia molecolare. Fino a qui un percorso nella norma. Poi è arrivato il nuovo coronavirus.

Ti ricordi il primo tampone positivo al coronavirus che hai analizzato?

«Non mi ricordo precisamente quando è stato, perché è successo tutto troppo velocemente, però ho avuto un po’ di paura e consapevolezza che fosse arrivato fin qua. Finché si parlava della Cina o della Lombardia faceva già pensare, ma era ancora una cosa lontana. Non mi sarei mai immaginata che da quel primo tampone a oggi ce ne sarebbero stati tanti altri a seguire».

Raccontaci qual è mediamente la tua giornata lavorativa in questo periodo.

«Le giornate sono molto intense, il carico di lavoro è elevatissimo. Il personale infatti è stato aumentato. La gran parte delle forze sono impegnate nell’analisi dei tamponi per la ricerca del coronavirus, ma non ci dobbiamo dimenticare anche di tutta la routine e del lavoro ordinario che si faceva prima. Quindi, alla fine, l’impegno in termini di ore è veramente tanto».

Qual è la realtà che vedi al Carle?

«Si è passati da una condizione di normalità in cui si vedeva il passaggio di tantissime persone durante il giorno, tra personale e pazienti, a una diminuzione e poi alla chiusura del bar dell’ospedale, all’obbligo di indossare le mascherine nei corridoi e nei reparti dei diversi settori, al controllo pre-triage all’ingresso per accedere alla struttura. Quindi, diciamo che è stato un po’ in parallelo a quanto successo fuori».

Quali sono le emozioni che vivi ogni giorno?

«La stanchezza regna sovrana, il lavoro è tanto, lo stress c’è perché comunque si opera in un ambiente in cui si viene a contatto continuamente con il virus e l’attenzione dev’essere sempre molto alta, per proteggere sé stessi e gli altri con cui si è a contatto. Dall’altra parte, però, c’è una sorta di orgoglio, perché ti rendi conto che stai prestando il tuo aiuto in prima linea, in maniera pratica in questa situazione di emergenza. Sicuramente quando ne usciremo la soddisfazione penso che sarà tanta e ce ne ricorderemo per un bel po’».

Come vivono i tuoi familiari questo periodo?

«Sicuramente c’è un po’ di apprensione sia da parte della mia famiglia che dei nonni. Le raccomandazioni sono sempre tantissime. Nonna Mariuccia (originaria di Rodello) mi dice sempre che vede alla televisione quei servizi in cui le persone sono coperte con tutti i dispositivi di sicurezza e mi chiede se anche io sono così. Si preoccupano, ma cerco di tranquillizzarli e di fare del mio meglio sia per proteggere me che loro. Non vado a trovarli in questo periodo, ma per fortuna nonna è molto tecnologica, quindi ci vediamo tramite WhatsApp. I nonni sono molto legati a Gazzetta d’Alba e ogni volta che vado a trovarli vogliono commentare insieme qualcosa e condividere le notizie».

Giorgia Barile

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