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Clarisse: una voce di speranza da chi ha scelto la clausura

Clarisse: una voce di speranza da chi ha scelto la clausura

BRA  Loro hanno scelto di isolarsi fisicamente dal mondo, per vocazione. Sono le sorelle Clarisse, presenti a Bra fin dal XVII secolo, prima nel complesso di Santa Chiara e dall’inizio del Novecento nel monastero che si affaccia sul viale Madonna dei fiori.

Per la loro comunità, guidata dalla badessa, madre Maria Amata, e per tutte le comunità di clausura, quello che milioni di italiani stanno vivendo in questi giorni è la normalità. Abbiamo chiesto a madre Amata di regalarci il punto di vista delle monache braidesi.

«Abbiamo trovato la “particella di Dio” e studiato lo spazio cosmico. Potevamo gestire la casa, il conto in banca, gli affari, i figli, i pesci rossi, il destino della Siria, il disboscamento in Amazzonia con un tap sullo smartphone. Eravamo quasi certi di essere gli onnipotenti creatori della nostra felicità. E di quella altrui. Poi arriva questo invisibile virus e l’umanità in corsa si ferma. Stop. Un invisibile nemico ci assedia. Silenzio. Come quando in classe entrava il prof di greco e all’improvviso si faceva silenzio, ognuno immobile al proprio banco. Come il Sabato santo quando sulla terra cala un grande silenzio. Così è arrivato questo virus a ricordarci che nel 2020 noi siamo pur sempre (per fortuna) delle fragili creature. In questi giorni di reclusione forzata e generale, viene chiesta una risonanza a noi sorelle, che viviamo la clausura come un aspetto della nostra vita monastica. Anche se la realtà sembra la stessa, ci sono alcune sostanziali diversità che “fanno la differenza”».

Poi aggiunge: «Innanzitutto per noi la clausura e la vita fraterna, gomito a gomito, tutta la vita, fanno parte del “pacchetto” che abbiamo scelto rispondendo alla nostra vocazione monastica. Mentre per il mondo, questa condizione è arrivata improvvisa e imprevista a perturbare, nel bene e nel male, equilibri consolidati. Inoltre, generalmente i nostri monasteri hanno spazi più ampi che non un alloggio. In tempi normali, potremmo dire che clausura e fraternità sono due condizioni che non permettono “vie di fuga”: né da te stesso, né dalle relazioni, né dall’Assoluto. Questo certamente è faticoso, ma è una fatica buona e feconda per una maggiore conoscenza, profondità e verità di vita impagabili. Oggi però la parola che ci sentiamo di offrire è un silenzio fatto di preghiera e solidarietà, perché dentro al tunnel di sgomento e di paura di queste settimane ognuno di noi riesca a intravvedere un lumicino di speranza. Sì, perché ne siamo certi: dopo ogni Venerdì santo c’è l’alba del “giorno senza tramonto”».

Un bel messaggio di speranza per tutti noi, che viviamo in questi giorni da reclusi la lotta quotidiana contro questo virus invisibile.

Valter Manzone

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