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La nostra fede messa a dura prova dalla morte

La nostra fede messa a dura prova dalla morte

PENSIERO PER DOMENICA – SECONDA DI PASQUA – 19 APRILE

Come Tommaso, dopo la morte di Gesù, tanta gente di questi tempi è andata in crisi di fede. Tanti hanno letto il diffondersi del coronavirus come la prova dell’assenza di Dio e hanno chiuso con lui. Ma il Vangelo (Gv 20,19-31) ci rassicura: Gesù entra anche nelle case con le porte chiuse.

La nostra fede messa a dura prova dalla morte

Perché è difficile credere? Per la Bibbia è difficile credere: sempre, la fede è una conquista faticosa e spesso lacerante. La Chiesa proclama l’annuncio pasquale: «Abbiamo visto il Signore!»; ma con pazienza e umiltà attende che la libertà umana, illuminata dalla grazia, arrivi lentamente a professare il suo atto di fede: «Mio Signore e mio Dio!». Credere – ci ricorda Pietro nella sua lettera (1Pt 1,3-9) – comporta anche credere nell’uomo nuovo, «rigenerato mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva». In queste settimane, anche la fede nell’uomo è messa a dura prova, anche per via di un’informazione colpevolizzante, in un linguaggio militaresco, che ci ha indotti a vedere nell’altro un potenziale nemico, un “untore” che attenta alla nostra salute!

Dovremo ricostruire su nuovi pilastri. Tanti hanno fatto notare che la pandemia ha evidenziato la fragilità dei pilastri su cui poggiava il nostro sistema di vita, la fragilità del mondo globalizzato. Una volta passata l’emergenza, non possiamo pensare di ricostruire sui vecchi pilastri che stanno crollando. Negli Atti degli apostoli (2,42-47), Luca ci presenta, in un quadro certo ideale, le quattro colonne su cui poggiavano le prime comunità cristiane: l’insegnamento degli apostoli, cioè la Parola; la frazione del pane, ossia l’Eucaristia; le preghiere; la “comunione”, ossia l’amore fraterno. La fraternità è il superamento delle disuguaglianze, condizione indispensabile per ricostruire.

Frutto della fede è la gioia: proprio quella “letizia e semplicità di cuore” che in questi giorni possiamo solo sognare e chiedere nella preghiera. Dice papa Francesco, introducendo l’Evangelii gaudium: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (n. 1). Beati, cioè felici, coloro che, in questi tempi bui, riescono già a pensare al dopo, all’uomo nuovo che dovremo costruire, un uomo finalmente capace di fraternità. Credere nell’altro come fratello a volte è più difficile che credere in Dio, ma è la strada che Gesù ci ha indicato per sperimentare la gioia e la vera pace!

Lidia e Battista Galvagno

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