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La situazione in Piemonte dove il virus non rallenta

Riscoprire la lingua e i proverbi piemontesi col Consiglio regionale

TORINO Il virus non rallenta in Piemonte che, con quasi 18mila contagi e 2mila morti, scala la triste classifica del coronavirus tra le regioni italiane. «Stiamo vivendo quello che Lombardia, Veneto ed Emilia hanno passato dieci giorni prima», sostiene il governatore Alberto Cirio, che guarda al bicchiere mezzo pieno, il calo dei ricoveri in terapia intensiva. I sanitari continuano però a chiedere più tamponi, il Pd parla di «situazione fuori controllo», i 5 stelle scrivono a Conte per chiedere di commissariare la sanità regionale. E in serata spunta anche il mistero delle segnalazioni dei medici di famiglia di pazienti con sintomi riconducibili al coronavirus sparite nel nulla. Un problema forse causato «da uno straordinario flusso di email», sostiene l’assessore regionale alla sanità, Luigi Icardi, che ha subito chiesto alle Asl una dettagliata relazione sulla vicenda. La situazione del Piemonte, insomma, è complicata. E non poco.

La situazione in Piemonte dove il virus non rallenta

«Ritengo che sulla base del parametro più attendibile, ovvero il numero di decessi attribuibili al virus, il Piemonte abbia in realtà molti più casi del Veneto, e li abbia derivati dalla Lombardia», sostiene Giovanni Di Perri, responsabile delle malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino.

I morti nelle case di riposo sono quasi 500 e ormai fioccano le inchieste delle procure. La Regione ha aumentato i posti delle terapie intensive, tuttavia ci si chiede se sui tamponi avrebbe potuto seguire un’altra strategia. «Facevo il presidente da sette mesi quando è iniziata l’emergenza e ho trovato due laboratori in grado di fare 120 tamponi al giorno», ricorda Cirio. «Gli altri erano stati chiusi nella riorganizzazione della sanità piemontese. Nel giro di pochi giorni siamo arrivati ad averne venti e siamo passati da 120 a 5mila tamponi. Un lavoro difficile, arduo e complesso» sostiene ancora, ribadendo che sul tema il Piemonte «ha seguito sin dall’inizio le indicazioni del Ministero della salute e dell’Iss».

Anche dai comuni, però, arrivano sollecitazioni sul tema, a cominciare dal capoluogo, quarta città d’Italia per contagi dopo Milano, Bergamo e Brescia. «Non disponiamo dei tamponi e non definiamo le politiche con cui si fanno», ma «stiamo sollecitando la Regione affinché una serie di attività possano essere attuate», rivela Appendino, annunciando che la Città metropolitana ha avviato un monitoraggio a tappeto delle Rsa. Parlare di fase 2 in questo quadro rischia di essere prematuro, nonostante si continui a lavorare col Politecnico di Torino per consentire una ripartenza sicura delle attività.

Ansa

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