Mina, al Politeama Corino di Alba la giovane stella del carnevale 1960

Mina, al Politeama Corino di Alba la giovane stella del carnevale 1960

ANNIVERSARIO  Auguri, Mina: continuano in queste settimane a fiorire testimonianze, celebrazioni, dediche nostalgiche e

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Mina nella foto autografata per il giornale studentesco Il bandolo.

spensierate per gli ottant’anni compiuti dalla «più grande voce italiana di sempre», come sta scritto d’emblée nella biografia del suo sito. Una pagina in verità piuttosto astratta, perché evidentemente di una voce devono far fede in primo luogo i dischi incisi e pubblicati (l’ultimo, con Ivano Fossati, sei mesi fa), prima e dopo il suo inaspettato e già leggendario ritiro, nel 1978, dai concerti dal vivo. Prima di quella data spartiacque, si ritrovano tracce di Mina anche negli annali albesi. Bisogna però fare un salto indietro di sei decenni giusti, fino alla primavera del 1960, come ci conferma Serafino Enrico, la prima fonte cui ci è sembrato naturale rivolgersi. Serafino, oltre ad essere la persona con cui identifichiamo la ripresa, ad Alba, di una regolare offerta teatrale di livello (una scommessa coraggiosa, a metà degli anni Sessanta, con il Sociale, oggi Giorgio Busca, inagibile e ben lontano dalla salvezza), può vantare una ricchissima, vertiginosa memoria di spettatore appassionato di cinema, teatro, musica: «Ho visto Mina dal vivo diverse volte: al teatro Fiamma di Cuneo, a Torino in tournée con Giorgio Gaber, alle Cupole, quando inaugurarono nel 1969… ma la prima volta fu ad Alba», racconta.

Il Politeama Corino

«Io mi ero trasferito qui da poco con la mia famiglia: venivamo da Asti, dove mio padre aveva avuto la fabbrica del ghiaccio, e ad Alba venne nel 1959 a gestire il mattatoio comunale. Mina, giovanissima, cantò a una veglia studentesca, nella sala del Politeama Corino». Quel Politeama, all’incrocio di via Mazzini e via XX settembre, dove si era tenuta, nel 1956, la mostra del Congresso mondiale degli artisti liberi; sui cui coppi il dirimpettaio Pinot Gallizio aveva scagliato una copia dell’Estetica di Croce (testimonianza di Ugo Cerrato); e che di lì a poco sarebbe stato abbattuto per far posto al palazzo dove tuttora c’è la posta centrale.
«A sentire Mina, quella sera, vennero anche amici da Asti. Avevamo prenotato i tavolini in sala – allora si usava così. Mina tra i ragazzi era già popolarissima, e stava per diventare una stella; erano i giorni del suo primo festival di Sanremo, venne a sentirla anche mia mamma. E ricordo anche un’altra mamma: quella di Mina stessa, che nel 1960 era ancora minorenne. I genitori l’accompagnavano. Me li ricordo, con lei, in via Maestra, nel negozio di Santucci vicino a San Damiano, penso a fare un’intervista e firmare autografi. C’era così tanta calca che abbassarono le saracinesche».
Era la Mina che da pochi mesi aveva lasciato da parte lo pseudonimo di Baby Gate; Mina tra Tintarella di luna e Il cielo in una stanza, tra la ragazzina istintiva della nidiata degli «urlatori» e l’interprete di altrettanto istintiva intelligenza di una canzone più introspettiva.
Forse era il momento giusto, se non l’ultimo utile (ed economicamente abbordabile, chissà) per averla ospite a una veglia studentesca. «Non era la mia veglia, credo fosse quella del Liceo; ma a sentire Mina c’ero anch’io», ci racconta Mario Viberti, che oggi conosciamo come autore di commedie teatrali (comiche, ma non solo) e di parecchio cabaret (fino a prova contraria, è l’unico albese antologizzato nelle Formiche di Gino e Michele). «Io mi ero diplomato l’anno prima, in ragioneria, e da noi era venuto, sempre al Politeama, Tony Dallara». Il primo dei cosiddetti urlatori, destinato a vincere, proprio nel 1960, il festival di Sanremo. «Dallara era già un nome, e aveva come apripista il gruppo dei Giullari di Wanna Ibba, con nientemeno che Giorgio Gaber – che quella sera, ricordo, ebbe anche più successo di lui». Erano i primi passi del rock in Italia, stavano cambiando voghe e gusti, i ragazzi gettonavano i cantanti nei juke-box.

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Ad Alba con famiglia e fidanzato; intervista al Bandolo 

«L’anno dopo, avevo iniziato a lavorare da poche settimane, quando venne Mina. Non aveva nessun apripista, piuttosto ricordo un seguito di amici, sua mamma e il suo fidanzato di allora, il calciatore Daniele Parolini. Era di una simpatia straordinaria, Mina: quella serata fu un’autentica festa, e credo che proprio lei si sia divertita più di tutti. In fondo, aveva vent’anni, era una nostra coetanea. Non si limitò a cantare, era molto scherzosa: quando si trattò di eleggere, come a ogni veglione, la miss della scuola, salì sul palco, spontaneamente: “Vengo anch’io a votare!”. Vinse una bella studentessa, ma devo ammettere che quella sera noi le ragazze le dimenticammo completamente: eravamo tutti ammassati sul palco attorno a Mina».
Un carattere schietto, giocoso; una diva naturale: «Era circondata, non riusciva più a venir via dalla sala. C’era chi si faceva autografare persino il colletto della camicia», ci dice ancora Mario. Chissà se Mina può ricordare, oggi, il Politeama Corino, il divertimento, l’entusiasmo dei suoi coetanei albesi del 1960? E chissà se qualcuno ha nel cassetto, non diciamo un colletto con autografo intatto, ma una qualche fotografia di quella serata? La pubblicheremmo volentieri, rinnovando alla “tigre di Cremona” i più affettuosi auguri.

Edoardo Borra

Il bel giornale degli studenti e l’allora «urlatrice numero 1»

«Mina canta alla televisione, Mina canta al Politeama Corino. Decisamente, l’astro dell’Urlatrice N. 1 è in fase ascendente». Ironico (nei confronti della città di Alba) ed entusiasta, è il commento che ritroviamo sulle colonne del periodico studentesco albese Il Bandolo, l’unica testata a darci notizia, e anzi un piccolo servizio, su Mina. Per una manciata di anni, tra il 1958 e il 1963, il Bandolo fu una notevole esperienza giornalistica dilettante, tra tentativi di inchiesta sulla gioventù, presentazioni di cinema, musica, letteratura, cronache dal mondo scolastico a volte più minute e goliardiche, altre più problematiche. Con i ragazzi del Bandolo, sul numero uscito come dicembre 1959-gennaio 1960, una Mina «semplice, spiritosa, senza ombra di gas, simpaticissima», scambia qualche battuta in una pagina intitolata Successo a Carnevale e tutta dedicata ai cantanti (con lei, Marino Marini e Betty Curtis, pure loro in concerto ad Alba: «Dopo il festival, vuoteremo anche noi un sacco di cantanti», altra ironica didascalia).

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La veloce intervista snocciola curiosità («una scimmietta di panno lenci» è il suo portafortuna), carattere (di fronte al pubblico, «sono molto calma e terribilmente incosciente, non ho mai paura»), predilezioni canore rimaste fondamentali («Frank Sinatra prima di tutti. Fra gli italiani Arigliano e Modugno»). «Non riesco a immaginare di non cantare più», dichiara; e alla domanda se preferisca cantare in Tv o in una sala, risponde: «Cantare in televisione è tremendo perché non si può vedere il pubblico e sentirlo. È impossibile cantare con sentimento una canzone a delle telecamere». Si smentirà presto: Studio uno e i programmi di Antonello Falqui (e dell’albese Guido Sacerdote, di cui ricorre il centenario della nascita) stanno per arrivare.

e.b.

 

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