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«Sono arrivato dall’Algeria su un barcone, ora studio»

Nel 2018 per il ragazzo algerino tutto è molto cambiato, come ci ha raccontato lui stesso

«Sono arrivato dall’Algeria su un barcone, ora studio»

LA STORIA Finalmente scrivo questa storia per raccontare il mio lungo viaggio per arrivare in Italia, ad Alba.

Sono partito dall’Algeria in barcone con tre amici nell’estate 2017. Abbiamo passato circa quindici ore in mare e poi siamo arrivati sulla costa della Sardegna. Abbiamo incontrato un bagnino, gli abbiamo regalato la nostra barca con il carico di benzina. Lui ci ha aiutati a chiamare i Carabinieri, che ci hanno identificati: siamo stati poi accompagnati in un luogo per passare la notte.

Il giorno successivo mi hanno dato un foglio per uscire dalla Sardegna ed entrare nella Penisola. Mi sono separato in quel momento dai miei compagni, che sono andati verso Napoli. Io invece sono andato a Genova, e poi in Francia. Lì, dopo due giorni, mi sono accorto che non avevo la possibilità di ottenere i documenti. Ho deciso, quindi, di tornare in Italia. A Ventimiglia sono stato ospitato in un grande centro di accoglienza e poi mi hanno trasferito in una struttura per minori. Un mese dopo sono stato inserito in una comunità per minori in Piemonte.

Non parlavo l’italiano, gli operatori della comunità cercavano di dirmi qualcosa in inglese ma è stato molto difficile comunicare. Dopo circa due settimane dal mio arrivo sono stato inserito in un corso per imparare l’italiano e così è cominciata una nuova fase della mia vita.

Ora non conto più i giorni come facevo all’inizio, tutto sembra passare velocemente! A settembre 2018 tutto è cambiato: ho iniziato un corso professionale per diventare cuoco ad Apro. Mi trovo bene, sono interessato a tutte le attività che facciamo, tant’è che imparo velocemente; e i miei insegnanti mi trattano molto bene. Quest’anno devo anche pensare all’esame di terza media; infatti, nel pomeriggio frequento anche il Cpia, cioè una scuola per adulti nella quale devo studiare per poter ottenere la licenza media.
Sono molto impegnato e anche stanco, tra scuola professionale, Cpia e calcio, che si è aggiunto ai miei impegni. Mi alleno con la squadra due o tre volte a settimana e faccio anche le partite nel week-end. Mi diverto tanto, perché giocare a calcio mi piaceva già da bambino e ancora di più adesso che lo faccio in un campionato.

Sono trascorsi tre anni da quando mi sono allontanato dalla mia famiglia: mi mancano i miei genitori, i miei fratelli e gli amici del quartiere, però non mi sento solo qui in Italia! Nella comunità in cui vivo, nelle scuole che frequento e nella squadra di calcio in cui gioco ho trovato una grande famiglia. Adesso penso agli studi, non voglio deludere la mia famiglia, perciò mi impegno tanto per raggiungere ciò che voglio.

Mi mancano tutti, ma in questa fase non posso rientrare a casa, senza aver finito la scuola e ottenuto il permesso di soggiorno per lavorare in Italia. Da qui seguo le piazze algerine piene di gente che manifesta pacificamente ogni venerdì per il futuro del mio Paese, per la dignità, per la lotta contro la corruzione e per la generazione che verrà: sono preoccupato, perché non voglio vedere scivolare il mio Paese nel disordine come avvenne negli anni ’90, quando ci furono 150mila vittime civili. Non voglio vedere l’Algeria diventare come la Siria o come lo Yemen o la Libia; non voglio che giovani e bambini continuino a scappare dal Paese, morire nel mare e lasciarci per sempre.

Ma allo stesso tempo vivo anche la gioia di vedere i miei connazionali uniti, saggi, molto responsabili nei confronti della patria; non come in Francia dove si spacca e brucia tutto. Vivo qui, ma con il cuore appeso nel Paese dell’Atlas, preoccupato ma fiducioso perché una nuova mentalità sta per trionfare, come hanno trionfato i Leoni del deserto nell’ultima Coppa d’Africa.

Allalata Abdelghani

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