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Triplicata la mortalità per infarto, non si va in ospedale o si arriva tardi

Cardiologi,rischiamo più morti che per Covid, indietro di 20 anni

Triplicata la mortalita' per infarto, non si va in ospedale o si arriva tardi

INFARTO Quello che si temeva è accaduto: il cardiologi avevano gia colto i segnali appena scoppiata la pandemia e i primi dati confermano che la mortalità per infarto è triplicata passando dal 4,1% al 13,7% a causa della mancanza di cure (la riduzione dei ricoveri è stata infatti ben il 60%) o dei ritardi (i tempi di arrivo negli ospedali sono aumentati del 39%), causati dalla paura del contagio da Covid-19 .

Lo spiega Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic), a seguito di uno studio nazionale in 54 ospedali, nella settimana 12-19 marzo, durante la pandemia di Covid-19, confrontandola con lo stesso periodo dello scorso anno. La situazione rischia di bruciare 20 anni di prevenzione, temono i medici.

Lo studio è in corso di pubblicazione sulla rivista European heart journal. Gli esperti avvertono: abbassare la guardia sulle malattie cardiovascolari, responsabili di circa 260mila decessi ogni anno, e non ricostruire la rete dell’emergenza cardiologica, potrebbe essere molto pericoloso.

«Se questa tendenza dovesse persistere e la rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19», aggiunge Indolfi, ordinario di cardiologia all’università Magna Graecia di Catanzaro.

«L’organizzazione degli ospedali e del 118 in questa fase è stata dedicata quasi esclusivamente al Covid-19 – spiega – e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi e per timore del contagio i pazienti ritardano l’accesso e arrivano in condizioni sempre più gravi, con complicazioni, che rendono molto meno efficaci le cure salvavita come l’angioplastica primaria. Se questa tendenza dovesse persistere e a rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19».

«Il calo più evidente ha riguardato gli infarti con occlusione parziale della coronaria ma è stato osservato anche in ben il 26,5% dei pazienti con una forma più grave d’infarto», afferma Salvatore De Rosa, coautore dello studio. «La riduzione dei ricoveri per infarto è stata maggiore nelle donne rispetto agli uomini e non solo i pazienti con infarto si sono ricoverati meno ma quelli che lo hanno fatto si sono ricoverati più tardi».

Nonostante la pandemia Covid-19 si sia concentrata nel Nord Italia, la riduzione dei ricoveri per infarto è stata registrata in modo omogeneo in tutto il Paese: Nord e Sud 52,1% e 59,3% al centro.

«Una riduzione simile a quella dei ricoveri per infarto è stata registrata anche per lo scompenso cardiaco, con un calo del 47% nel periodo Covid rispetto al precedente anno», osserva Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Sic. «La riduzione dei ricoveri per scompenso cardiaco è stata simile tra gli uomini e le donne. Una riduzione sostanziale dei ricoveri è stata osservata anche per la fibrillazione atriale con una diminuzione di oltre il 53% rispetto alla settimana equivalente del 2019, così come è stata registrata una riduzione del 29,4% di ricoveri per malfunzione di pace-maker, defibrillatori impiantabili e per embolia polmonare».

Ansa

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