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Al lavoro serve un buon clima per il benessere dei lavoratori

Al lavoro serve un buon clima per il benessere dei lavoratori

IL COLLOQUIO «Anche se non si usava il termine welfare, ripercorrendo la nostra storia, ci siamo resi conto che in azienda erano già state portate avanti negli anni iniziative importanti rivolte al benessere dei lavoratori. Quando si parla di impresa, oggi è fondamentale superare il concetto di contrapposizione tra datori e dipendenti, soprattutto in un momento critico come quello che stiamo vivendo».

Lo sa bene Egle Sebaste, Ceo dell’omonima azienda dolciaria fondata a Gallo Grinzane nel 1885 e arrivata alla quinta generazione. Anche lei partecipa alla tavola rotonda organizzata dalla Crc, parlando dell’esperienza di Talenti latenti, il progetto improntato sulle reti di welfare, sviluppato come capofila dall’Asl Cn2 e dal consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero: «Un percorso che si è rivelato molto arricchente e che è terminato lo scorso anno. Attraverso il confronto con enti pubblici, realtà private e del terzo settore, abbiamo avuto modo di approfondire aspetti inediti e di trarre spunti da sviluppare in concreto», spiega.

«Quando si parla di welfare aziendale, uno degli ostacoli è di carattere culturale, perché forse c’è poca conoscenza sul tema. C’è chi non lo prende neppure in considerazione, perché si trova a fare i conti con una fase di crisi, anche prima dell’emergenza Covid-19. In realtà, puntare sul benessere, sul clima positivo in azienda e sulla collaborazione tra datori e lavoratori è vantaggioso per tutti. In più, oggi la legge offre strumenti che meritano di essere approfonditi».

Durante l’emergenza coronavirus, l’azienda di Gallo ha fermato la produzione per cinque settimane, mantenendo attivi gli uffici e i magazzini, con personale scaglionato: «Per settimane, lavorando soprattutto con l’estero, abbiamo visto annullare interi ordini: i mercati europei erano del tutto fermi. Abbiamo anticipato la cassa integrazione ai lavoratori e abbiamo cercato di reinventare l’organizzazione dell’azienda: anche in questa fase, tutti hanno risposto con il massimo buon senso. E oggi, con i primi segnali di ripresa, siamo felici di essere ripartiti».

Figoni: anche il volontariato dovrà cambiare

«Oggi la questione non è tanto il reperimento di risorse economiche, ma piuttosto la capacità di portare avanti un cambiamento culturale». Lo afferma Mario Figoni, presidente del Csv, il Centro servizi per il volontariato della provincia di Cuneo, che riunisce più di 400 realtà no profit attive sul territorio provinciale.

In rappresentanza del mondo del volontariato, una delle colonne portanti del secondo welfare, Figoni interverrà all’evento organizzato dalla fondazione Crc, di cui parliamo in queste pagine: «Negli anni, com’è evidente in una provincia costellata da associazioni come la Granda, il lavoro dei volontari ha assunto sempre maggiore importanza. Da tempo, ci facciamo promotori dell’importanza di un’evoluzione del settore, chiamato a rinnovarsi: con l’emergenza sanitaria, la questione è emersa con ancora maggiore chiarezza ed è diventata un’urgenza da affrontare per poter continuare a svolgere il nostro ruolo», spiega. Gli aspetti presi in considerazione sono diversi: «Ci sono questioni molto pratiche, come il bisogno di sviluppare un nuovo modo di lavorare. Pensiamo alle associazioni che operano a contatto di anziani o disabili, che da mesi sono ferme, ma che presto sarà importante far ripartire con adeguate linee guida, perché il loro contributo è fondamentale. Ci sono poi aspetti di carattere ampio, a partire dall’età anagrafica dei volontari, che molto spesso non sono giovanissimi e che, in questi mesi, hanno dovuto fare un passo indietro per ragioni di sicurezza».

Continua Figoni: «Servono nuove generazioni, pronte a recepire gli insegnamenti dei più esperti. Ma il rinnovamento deve essere anche nel modus operandi, con una maggiore organizzazione, con l’utilizzo delle piattaforme digitali». Per Figoni, in questo momento, è fondamentale fare squadra: «Come Csv, stiamo promuovendo il concetto del cambiamento culturale del volontariato, incontrando le realtà delle diverse città cuneesi: dal confronto e dallo scambio di esperienze, puntiamo a sviluppare nuove modalità d’intervento, in linea con il difficile periodo che stiamo vivendo».

f.p.

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