VINO Il riconoscimento della denominazione d’origine controllata (Doc) Langhe risale al 22 novembre del 1994. Allora, essa contava su otto tipologie, due senza specificazione di vitigno (bianco e rosso) e sei con riferimento varietale (Arneis, Chardonnay e Favorita tra i bianchi; oltre a Dolcetto, Freisa e Nebbiolo tra quelli rossi).
Il 14 dicembre 2010, a seguito di una profonda modifica al disciplinare, vennero inseriti altri nove tipi varietali e uno senza riferimento di vitigno. Tra i primi, cinque erano legati a varietà internazionali (Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot nero, Riesling e Sauvignon blanc) e quattro a vitigni autoctoni (Barbera, Nascetta, Nas-cëtta del Comune di Novello e Rossese bianco). Langhe Rosato quello senza riferimento di varietà.
A distanza di dieci anni, si può fare una prima valutazione, analizzando l’andamento di tali vini relativamente alla superficie vitata e all’imbottigliamento. I dati fanno riferimento alla vendemmia 2019. La tabella riportata qui sopra evidenzia un primo dato: l’incidenza delle dieci nuove tipologie sul totale della Doc Langhe è limitata. Infatti, gli ettari vitati in totale sono poco più di 227, ovvero l’11 per cento circa sulla superficie di tutta la Doc Langhe. Situazione ancora più striminzita è quella dei volumi: il numero delle bottiglie del 2019 (1.001.966) incide solo per il 5,55 per cento rispetto agli oltre 18 milioni di bottiglie della denominazione intera.
Siamo di fronte a vini di nicchia, che da un lato valorizzano alcune varietà indigene (la Nascetta, la Nas-cëtta legata a Novello e il Rossese bianco) e dall’altro mettono alla prova delle colline alcune varietà internazionali, che altrove hanno dato risultati importanti. Va precisato che questi risultati in termini di superficie vitata e produzione non sono legati soltanto agli ultimi dieci anni, ma sono il frutto anche di sviluppi antecedenti, risalgono addirittura a prima del 1994 quando questi vini erano classificati come vini da tavola a indicazione geografica Langhe.
Dopo il 1994 era venuto a mancare ogni riferimento particolare e perciò si erano dovuti accasare nelle caselle dei vini senza specificazione varietale, cioè Langhe bianco e Langhe rosso.
Tra i prodotti legati a vitigni internazionali, i risultati migliori sono quelli di Riesling e Sauvignon, favoriti, soprattutto in destra Tanaro, dalla mancanza di un vitigno autoctono per bianchi di forte affidamento. Il loro maggior competitore resta lo Chardonnay, anch’esso di matrice internazionale. Tra le varietà a frutto nero, buono è il riscontro del Pinot nero a livello di impianti vitati, un po’ meno di imbottigliato. Assai contenuto è il dato del Merlot, ovviamente contrastato dal grande sviluppo che in tale ambito ha ottenuto il Langhe Nebbiolo.
Tra le tipologie con vitigni indigeni, il riscontro migliore viene dalla Nascetta, sia come Langhe Nascetta, sia nella sottozona Nas-cëtta del Comune di Novello: la crescita è stata costante in termini di impianti e imbottigliato, un dato quest’ultimo che potrebbe essere ancora maggiore negli anni a venire, quando gran parte dei vigneti sarà produttiva. Inoltre, nei prossimi mesi, i produttori delle due tipologie annunciano celebrazioni di questi primi dieci anni di denominazione.
Limitati risultano i valori della tipologia Langhe Rossese bianco, ma è comprensibile vista la piccola area – principalmente la zona di Monforte – alla quale è tradizionalmente legata la coltivazione di questo vitigno.
Le scarse dimensioni del Langhe Barbera derivano dal fatto che pochi produttori rinunciano alla Doc Barbera d’Alba per questa alternativa. Langhe Barbera è spesso usata dai produttori di Barbera del Doglianese, notoriamente escluso dalla zona di origine della Barbera d’Alba. Ottimo il dato dell’imbottigliato per il Langhe Rosato, pur in presenza di un vigneto molto limitato. In tal caso, concorrono alla produzione altri riferimenti varietali come Dolcetto, Barbera e Nebbiolo, legati sia alla Doc Langhe sia a denominazioni superiori.
Giancarlo Montaldo