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Il Balilla ideale e i (falsi) razzi nella notte d’estate del 1936

Tanaro da salvare. I 170 anni del ponte di Carlo Alberto
Una foto del bombardamento del 17 luglio 1944 (Nara, Rg 18, Box 4282).

INFORMAZIONE  «Non posso tollerare in alcun modo che si attenti al decoro della Città nostra con voci false e insulsaggini. Attendo al più presto le sue giustificazioni (…) mi riservo di segnalare a chi di dovere l’increscioso fatto»: l’ira di Ugo Borgna, commissario prefettizio di Alba, è diretta a Italo Raimondo, corrispondente della Stampa, per le «pure fantasticherie» contenute nel trafiletto a pagina 2 del numero datato 5 settembre 1936, dedicato alle prove d’oscuramento nella Granda, iniziate il venerdì 4 precedente e terminate la domenica.

«Pronta e totalitaria disciplina»

In città e nelle altre sei sorelle del Cuneese le prescrizioni dell’«esperimento» di protezione antiaerea sono seguite con «pronta e totalitaria disciplina», come titola Sentinella d’Italia, organo del fascismo della provincia. Ad Alba si fa di più, secondo il trafiletto pubblicato dal quotidiano torinese: la città è sì «completamente priva di luci ma non deserta, perché moltissimi curiosi affollano le vie», ma «l’investimento aereo (…) è stato reso più verosimile da finti bombardamenti per mezzo di fumate lanciate dagli aerei, tiri contro aerei a salve, e razzi ad alta quota». A seguire la spettacolare esercitazione «tutte le autorità».
È tutto «immaginario», per usare la definizione del commissario prefettizio Borgna nella reprimenda al povero Raimondo, al quale in sovrappiù viene ricordato che «in Regime Fascista (sic) un corrispondente di stampa deve aver sviluppato, più che ogni altro cittadino, il senso di responsabilità».

Beffa o eccesso di zelo?

Incassata la grandinata proveniente dal Municipio e sotto la minaccia di una segnalazione «a chi di dovere dell’increscioso fatto», Raimondo ammette di essere «effettivamente» lui il corrispondente della Stampa. Ma che, «dovendosi assentare da questa Città» nel fine settimana – viene da pensare a una gita con genitori non troppo entusiasti di aderire alle prove di guerra del regime, ma è solo un’ipotesi – ha pregato il «signor Sacerdote (in maiuscolo nel testo, nda) Guido (vedi l’articolo sul centenario della nascita del produttore televisivo), già corrispondente della Sentinella», di fare anche il suo lavoro. Chieste spiegazioni al collega, ha appreso da questi che, «ritenendo per voci raccolte doversi svolgere nel cielo di Alba le esercitazioni», aveva trasmesso in anticipo la notizia. E in effetti la Sentinella cuneese aveva pubblicato quasi le stesse parole per descrivere il non fatto. Raimondo è «dolente» per il «giusto risentimento» del commissario prefettizio, ma aggiunge che la fake news – per usare parole in voga oggi – è «da attribuirsi più a un eccesso di zelo che non a sconsiderata leggerezza». La questione, almeno per quanto riguarda le carte conservate nell’archivio comunale di Alba, si chiude con l’ossequio – «sono vivamente dolente» – espresso dalla prosa del commissario Borgna nel giustificarsi con sua eccellenza il prefetto.

A noi rimane il dubbio di come sia andata a finire per i malcapitati giornalisti, con una mezza idea che i capi abbiano optato per il manzoniano «sopire, troncare» la questione. E se quella del giovane Sacerdote sia stata una beffa – coinciderebbe con il futuro uomo di spettacolo – o davvero un eccesso di zelo, magari alimentato da qualche camicia nera albese in vena di vanterie con il fantasioso giovane corrispondente.

E poi arrivarono le bombe, quelle vere

Guido Sacerdote quattro anni prima, nel 1932, in veste di Balilla caposquadra tamburino dell’85ª legione Dario Pini, era stato il campione provinciale di cultura fascista. Dall’articolo di Sentinella d’Italia si apprende anche che il ragazzo era «brillante dicitore di monologhi durante le festicciole benefiche organizzate nel teatro Sociale» e che il papà, il cavalier Vittorio, ricopriva la carica di commissario prefettizio del Ricovero poveri giovani.
Padre e figlio prototipi della buona società albese, così come la mamma Clelia, proprietaria della cartolibreria in via Maestra. E destinati nel giro di pochi anni a essere rotolati nella polvere dalle leggi razziali, che avrebbero escluso gli ebrei dalla vita del Paese: esempio di come un regime possa sprecare con determinata stupidità l’energia di tanta gente, entusiasta o tiepida che fosse verso il fascismo, forse davvero illusa che gratta gratta il destino imperiale di Roma incamiciato di nero avesse un minimo di fondamento. Persone di talento, nel caso di Guido Sacerdote.
La rovina era destinata ad arrivare per (quasi) tutti, di lì a poco. Gli ebrei avrebbero pagato la guerra più di altri e sugli albesi sarebbero cadute, insieme a mille altre disgrazie, anche le bombe, quelle vere.

Paolo Rastelli

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