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Mercury, Venditti e Il pagante per rileggere un anno di scuola

LETTERA AL GIORNALE Come possono Freddie Mercury, Antonello Venditti e Il pagante, all’epoca del coronavirus, essere legati da un filo rosso che percorre gli ultimi mesi (di scuola e di vita) di un qualunque maturando in Italia?

Venerdì 21 febbraio è stato l’ultimo giorno dell’anno scolastico 2019-2020. Peccato che nessuno lo sapesse, o quantomeno, non allora; non nego però di non essere stato troppo dispiaciuto alla notizia della momentanea chiusura delle scuole. Da inizio marzo, intanto, la didattica a distanza aveva già iniziato a prendere forma, più come tampone temporaneo che, come si sarebbe rivelata in seguito, unica disperata soluzione per poter consegnare a tutti gli alunni un programma degno di tale nome.

La mia volontà di tornare a scuola, per concludere degnamente il più famoso percorso quinquennale della vita di uno studente, era sovrastata dall’evidenza che gli istituti scolastici fossero tra quelli a maggior rischio contagio e, visto il protrarsi della pandemia, la definitiva chiusura delle scuole era divenuta una scelta obbligata, con inevitabile malcontento, in primis di noi maturandi.

Mercury, Venditti e Il pagante per rileggere un anno di scuola che avrei voluto normale
Studenti del liceo artistico albese Gallizio: era solo un anno fa, all’incontro con Staino.

Personalmente, non avrei potuto pensare a un finale più triste e insoddisfacente. Ricollegandomi all’interrogativo iniziale, chiederei, come Freddie Mercury, di «non fermarmi proprio adesso, proprio mentre mi stavo divertendo tanto» e mi stavo preparando al più grande passo della vita adolescenziale.

L’esame era quella cosa non propriamente definita né definibile, un po’ avvolta in un alone di mistero che non si schiarisce fino a quando non si provano determinati sentimenti e sensazioni, quest’anno maledettamente diverse e ridotte all’osso. Per carità, ci sarà un esame. Ma non sarà mai, per quanto le mie conoscenze si basino esclusivamente sul racconto di esperienze di altri, l’esame. Sarà l’esame delle domande anziché delle risposte, dei “come sarebbe stato?” e non dei “non vedo l’ora!”. Chissà come sarebbero state le ultime settimane di scuola, guardando in faccia i professori per prepararsi al grande evento dell’orale (unica parte salvatasi dal Covid-19). Chissà come sarebbe stata la cena con loro e il ballo di fine anno, e poi l’ultimo giorno di scuola. Non lo sapremo mai.

Chissà che cosa intendeva Antonello Venditti con la sua Notte prima degli esami, dell’ansia per quelle prove scritte che in due giorni mettono in gioco i 2/3 dei punti totali. Chissà pure che cosa avremmo provato ad abbracciare un compagno, appena finito l’orale, o a essere quello abbracciato. Chissà quanta sarebbe stata l’emozione di essere assembrati, come parte di un unico grande corpo, attendendo trepidanti i risultati finali. Non lo sapremo mai. Chissà quanto sarebbe stato bello poter capire davvero le parole del Pagante, tra “voli low cost” e una “isla” qualunque, comunque la migliore purché vissuta con i compagni di un’avventura che hanno segnato in maniera indelebile quelli che molti sostengono essere i migliori anni della nostra vita. Chissà che ne sarebbe stato del tanto agognato, discusso e sudato viaggio, affrontato con la mente finalmente libera da preoccupazioni. Non lo sapremo mai.

E se è pur sempre vero che con il primo passo mosso in università tutti, noi per primi, ci saremo dimenticati di un numero attribuitoci a inizio estate dalla commissione, è altrettanto comprensibile quanto tutto ciò che ha contornato quel numero non sarebbe finito nel dimenticatoio, ma nella sezione “ricordi più belli”. E se è pur sempre vero che l’esame, quest’anno, sarà anche più facile (sei commissari interni e una base massima di 60 crediti), non so quanto darei, se potessi, per ripercorrere quel filo rosso, iniziando da Freddie Mercury, passando per Antonello Venditti e finendo con Il pagante. Non so quanto darei per chiudere il cerchio in un modo disperatamente normale. Che oggi normale non è.

Giovanni Pelazzo

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