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Nessun vaccino, ancora, contro il Covid-19 e contro il razzismo

A giudicare da quanto sta avvenendo, in Italia e nel mondo, forse da questa crisi di pandemia non ne siamo usciti migliori. Troppo in fretta, e senza una seria riflessione, abbiamo messo alle spalle più di trentaquattromila vittime da Covid-19. Cancellate le immagini dei camion militari carichi di bare destinate alla cremazione. E dimenticato il sacrificio, per alcuni fino alla morte, di medici, infermieri e volontari. Tutto sembra ritornato come prima. Nonostante la crisi economica morda come non mai, i comportamenti ricalcano vecchi copioni. Da quelli individuali a quelli sociali e istituzionali. Stesse liti, stessi egoismi, stesse contrapposizioni, perdendo di mira il bene comune. Il bene di tutti e il futuro del Paese.

Poche le voci a invocare una maggiore responsabilità, e un cambio di passo etico nel prendersi cura delle persone. Tutte le persone. A cominciare dai più deboli e dagli anziani, che sono una risorsa e non vita residuale per una “sanità selettiva” a vantaggio dei più giovani o dei più robusti. In qualche nazione va imponendosi una “gerarchia tra le vite”, per escludere dalle cure quanti sono affetti da malattie degenerative come Parkinson o Sla. Oppure disabili con deficit mentale e demenza.

Occorre, invece, “ri-umanizzare” le nostre società, come ha scritto la Comunità di Sant’Egidio in un appello sottoscritto da eminenti personalità, italiane e straniere. «Nella pandemia del Covid-19», si legge nel testo, «gli anziani sono in pericolo in molti Paesi europei, come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire». E ancora: «Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti… Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre».

A conferma c’è la drammatica confessione di un medico, una tra le tante, dell’ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo: «Si decide per età», ha detto, «e per condizioni di salute. Come in tutte le situazioni di guerra». Da parte sua, papa Francesco, che ha sempre denunciato la “cultura dello scarto” che trasforma le persone in numeri, ha ammonito: «Curare le persone, non risparmiare per l’economia. Curare le persone, che sono più importanti dell’economia. Noi persone siamo tempio dello Spirito Santo, l’economia no».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Un appello all’unità è venuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, onde prevenire conflitti sociali in tempi difficili per le famiglie, il lavoro, l’economia tutta. In particolare, rivolgendosi ai politici, ha ricordato che «c’è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo».

Concetti riaffermati, ancora, nella sua visita a Codogno, il 2 giugno scorso, festa della Repubblica. Proprio lì, nel paese dov’era cominciata la pandemia, Mattarella ha chiesto di far ripartire l’Italia, mettendo da parte le polemiche e puntando su quella solidarietà, fatta di gesti coraggiosi ed eroici, che tanti italiani hanno saputo esprimere in questa emergenza. «S’è manifestato un patrimonio morale presente nel Paese, spesso sommerso, che va esaltato, che va posto a frutto», ha detto Mattarella. «È il sommerso del bene. Che va fatto affiorare, va fatto prevalere, affinché caratterizzi in modo positivo la ricostruzione che attende la nostra società».

Matteo Salvini scatta un selfie
Matteo Salvini scatta un selfie

Parole al vento per alcune forze politiche d’opposizione, che disertano l’Aula parlamentare. O per chi sfrutta l’emergenza Covid-19 per lucrare benefici e consensi elettorali. Speculazioni squallide su compravendita di mascherine antivirus. E assembramenti di piazza, selfie di gruppo incluso, con leader politici che se ne infischiano di dare il buon esempio, nel rispetto delle più elementari disposizioni sanitarie e distanziamento fisico.

Il raduno dei gilet arancioni
Il raduno dei gilet arancioni

Per non dire, il 30 maggio scorso, del raduno dei “gilet arancioni” in piazza Duomo a Milano, una delle città più colpite da coronavirus. Famiglia Cristiana l’ha definita come «la più imponente riunione di idioti degli ultimi anni». Assembramento senza alcun rispetto d’ogni regola, anche di buon senso. Anzi, s’irrideva al virus, che sarebbe un’invenzione. Negazionisti dell’ultima ora, arringati dal generale “capopopolo” Antonio Pappalardo, nel giorno stesso in cui la Lombardia superava la soglia di sedicimila morti di Covid-19.

Ultimo in ordine di tempo, il carosello di migliaia di tifosi per le vie di Napoli, con bagno nelle fontane pubbliche, per festeggiare la vittoria in coppa Italia sulla Juventus. “Tifosi sciagurati” sono stati definiti dal rappresentante italiano dell’Oms, Ranieri Guerra. «In questo momento, queste cose non ce le possiamo permettere». Ricordando che la partita di calcio Atalanta-Valencia, nel febbraio scorso, fu veicolo di larga diffusione del virus in Lombardia.

I tifosi del Napoli festeggiano la vittoria in Coppa Italia
I tifosi del Napoli festeggiano la vittoria in Coppa Italia

Ma non è andata meglio in altre nazioni del mondo, dove il contagio s’è diffuso mietendo migliaia di vittime al giorno. In genere, colpendo i più disagiati e i più poveri, seppelliti poi in fosse comuni. Con capi di Stato che occultavano la realtà e i numeri del contagio. In totale sprezzo della vita umana. «Il potere distruttivo di questo virus è sovradimensionato, forse viene potenziato anche per motivi economici», ha detto il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro. «Una piccola crisi. Non è davvero ciò che i grandi media propagano».

Pazienza, però, se i contagiati e i morti si contavano a decine di migliaia. In Brasile, il 17 giugno scorso, s’è avuto il record di più di 37mila contagiati in un solo giorno. E se i popoli indigeni dell’Amazzonia, già emarginati e vittime di continue violazioni dei diritti umani, rischiano la sopravvivenza per la pandemia. La storia di questi mesi ci insegna che i leader sovranisti e populisti, per lo più arroganti e superficiali, sono abili nel cavalcare il malcontento dei cittadini, ma incapaci e in seria difficoltà nel gestire crisi complesse come quella attuale.

Negli Stati Uniti di Donald Trump, al primo posto nel mondo per numeri di contagiati, Covid-19 s’è associato a un altro pericolosissimo “virus”: il razzismo. Esploso, nelle settimane scorse, dopo l’uccisione a Minneapolis del giovane afroamericano George Floyd da parte della polizia. Una morte orrenda, per un banalissimo presunto reato. Una vita spenta sotto la pressione di un ginocchio sul collo, per più di otto minuti, fino a togliere l’ultimo respiro. Una miccia che ha acceso l’intera America, con manifestazioni di protesta diffusesi in altre città del mondo. A migliaia hanno manifestato, inginocchiandosi, al grido di I can’t breathe (non riesco a respirare) e Black lives matter (le vite dei neri contano).

Manifestazioni negli Usa dopo l'uccisione di George Floyd
Manifestazioni negli Usa dopo l’uccisione di George Floyd

«Il razzismo è stato tollerato per troppo tempo nel nostro stile di vita», ha denunciato il presidente dei vescovi americani, José Horacio Gómez. «Com’è possibile che in America la vita di un uomo nero possa essere tolta mentre le sue richieste di aiuto non ricevono risposta e il suo omicidio viene filmato mentre sta accadendo?». E papa Francesco, pur deplorando la violenza che ha accompagnato alcune manifestazioni di protesta, ha detto: «Non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi forma di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana».

Anche per il razzismo, come per Covid-19, è urgente un valido vaccino. L’ha ricordato il Consiglio nazionale delle Chiese protestanti d’America, nel nome di Martin Luther King, il leader del movimento per i diritti degli afroamericani. «Come coronavirus ha infettato gli Stati Uniti, causando la morte di oltre centomila persone in meno di tre mesi», hanno scritto, «il razzismo ha infettato questo Paese sin dalle sue origini. Questo virus s’è insinuato in ogni aspetto della vita americana. Non esiste ancora un vaccino per il razzismo, non esiste ancora una cura. Come persone di fede, la nostra battaglia contro questo male continua».

Ad alimentare le proteste degli afroamericani, altra benzina sul fuoco l’ha versata il presidente Usa Donald Trump, sebbene si consideri il custode dell’ordine e della legalità. Due, in particolare, le provocazioni che hanno acceso gli animi e spaccato il Paese. Primo, essersi fatto fotografare con la Bibbia in mano sul sagrato di una Chiesa episcopaliana, dopo che alcuni manifestanti erano stati zittiti e dispersi con i lacrimogeni. E poi, quel selfie, assieme alla moglie Melania, davanti alla statua di san Giovanni Paolo II, che ha mandato su tutte le furie l’arcivescovo di Washington, Wilton Gregory.

«Trovo sconcertante e riprovevole», ha detto l’arcivescovo, «che qualsiasi struttura cattolica sia così egregiamente abusata e manipolata in un modo che viola i princìpi religiosi, che ci chiamano a difendere i diritti di tutte le persone, anche di quelle con cui potremmo non essere d’accordo». E ha aggiunto: «San Giovanni Paolo II era un ardente difensore dei diritti e della dignità degli esseri umani. La sua eredità è la vivida testimonianza di quella verità».

Ma anche Facebook censura il presidente degli Stati Uniti. E rimuove un’inserzione pubblicitaria del comitato elettorale di Trump, accompagnato da un triangolo rosso rovesciato, con la punta in basso. Quel simbolo, negli Anni ’30, veniva utilizzato nella Germania nazista per identificare dapprima i comunisti e poi i nemici di Hitler. «Abbiamo rimosso questi post e questi spot pubblicitari perché violavano le nostre regole contro l’odio organizzato», ha detto il portavoce di Facebook, Andy Stone. «Il nostro codice proibisce l’uso di simboli di odio».

D’altronde, in vista della rielezione a novembre, ogni mezzo è lecito per Donald Trump. Dalla propaganda subdola alla manipolazione della religione: «Parigi val bene una Messa». Lo sanno altrettanto bene anche i populisti di casa nostra, che non perdono occasione per dichiararsi cristiani convinti, esibendo e baciando vangeli, crocifissi, madonne e rosari. Ammoniva l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi: «Smettiamola di dirci continuamente cristiani, cominciamo ad agire da veri cristiani». Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Antonio Sciortino, già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente di Vita Pastorale

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