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Piemonte: la produzione di rifiuti aumenta a 498 chili per abitante

Nuova relazione dell’agenzia regionale sulle condizioni del nostro territorio. L’industria immette molta anidride carbonica nell’aria, mentre dalla zootecnia viene emesso metano

Piemonte: la produzione di rifiuti aumenta a 498 chili per abitante

AMBIENTE Arpa Piemonte ha appena presentato la relazione sullo stato dell’ambiente della nostra regione. Nel documento si tenta di fotografare il modo in cui l’azione umana sta alterando il pianeta. Il momento è delicato: secondo molti scienziati, se nelle nostre menti e comportamenti l’ecologia non si posiziona come priorità assoluta, in pochi decenni potrebbe essere troppo tardi. Dai dati sul 2019 emerge una regione che impara a respirare su alcuni fronti, attraversata da ombre ed elementi tossici su altri.

Primo punto critico: diminuiscono le esposizioni della popolazione ai livelli inferiori di campo elettromagnetico, aumentano invece i livelli medi. Spiegano i ricercatori: «Tale andamento è conseguenza del notevole aumento di potenza degli impianti per telecomunicazioni (in particolare di quelli per la telefonia), in corrispondenza dei periodi di massimo sviluppo delle nuove reti (implementazione tecnologie più recenti o ingresso di nuovi operatori)». È ancora presto per valutare gli impatti a lungo termine sulla salute umana di queste tecnologie.

La produzione di rifiuti urbani nel 2018 ha superato 2milioni di tonnellate: significa che ogni abitante della regione ha prodotto circa 498 chili di rifiuti, di cui 305 raccolti in modo differenziato e avviati a recupero e 193 allo smaltimento. Queste cifre corrispondono a un aumento di produzione rispetto all’anno precedente, quando il livello si attestava sui 475 chili per abitante. In Piemonte la raccolta differenziata nel 2018 si colloca al 61,2 per cento del totale: in miglioramento rispetto ai dati del 2017, quando rimaneva al 59,6 per cento. Per quanto riguarda i rifiuti speciali, nel 2017 (ultima rilevazione disponibile) ammontavano a poco meno di 5,3 milioni di tonnellate, con una produzione in discesa di quasi il 5 per cento rispetto all’anno precedente, dovuta soprattutto alla riduzione dei rifiuti pericolosi.
Per quanto riguarda l’anidride carbonica (CO2), Arpa evidenzia come in Piemonte le emissioni siano diminuite dal 1990 al 2015 del 36 per cento. Le fonti principali responsabili di questo “gettito” inquinante sono l’industria (47 per cento), il trasporto su strada (22), il riscaldamento (19) e l’agricoltura (9). Il comparto agricolo in particolare contribuisce al 74 per cento delle emissioni di metano. Sono la zootecnia e gli allevanti animali a causare quote ingenti di emissioni e la provincia di Cuneo su questo fronte risulta particolarmente impattante.

Tra gli elementi maggiormente inquinanti emergono nel bacino padano il particolato atmosferico (Pm10 e Pm2,5) e l’ozono, nonché il biossido di azoto (NO2). Sono noti gli effetti nocivi di queste molecole sulla salute umana.

Bene acqua e aree verdi urbane, male sul biologico

Nella “classifica della sostenibilità” elaborata da Ires Piemonte su dati Istat, uno strumento che valuta il livello globale di sviluppo di una determinata area, il Piemonte si posiziona al quinto posto in Italia. Tra i punti di forza emerge l’efficienza nei processi giuridici e nella gestione pubblica. Positiva anche la qualità delle acque, soprattutto grazie ai trattamenti delle acque reflue. Altro dato significativo è quello sulle “città sostenibili”, che colloca il Piemonte tra le migliori regioni: questo valore è spiegato soprattutto dalla grande incidenza di aree verdi nelle superfici urbane.

I livelli più bassi della classifica riguardano la quota di superficie agricola utilizzata, interessata da coltivazioni biologiche (il Piemonte si posiziona al terzultimo posto in Italia), la bassa quota di aree protette (17esimo posto) e la scarsa rappresentanza delle donne nella vita politica a livello locale (15esima posizione in classifica).

Il 2019 è stato il quinto anno più caldo dal 1960 (media di 10,6 gradi)

Nella relazione dell’Arpa Piemonte i numeri maggiormente preoccupanti emergono sul fronte del clima. Il 2019 in Piemonte è stato il quinto anno più caldo degli ultimi 62, con una temperatura media di circa 10,6 gradi e un’anomalia termica media attorno a +1,5 gradi rispetto alle medie del periodo 1971-2000.

Soprattutto emerge come l’anno scorso abbia concluso il decennio più caldo della regione a partire dagli anni ’60. Queste alterazioni provocano movimenti caotici sul fronte delle perturbazioni. L’apporto delle precipitazioni totali annue è stato pari a 1.295 mm, con un eccesso rispetto alla climatologia  del 1971 2000 pari a 245 mm (+23 per cento). Questo incide sulla sopravvivenza degli insetti, sulla qualità delle colture, sugli equilibri e sui cicli dell’intera catena sistemica. Per quanto riguarda il consumo di suolo (cioè le quote di territorio occupate dagli insediamenti umani e sottratte alla natura), nel 2019 in Piemonte ammontava a circa 172mila ettari, pari al 6,78 per cento della superficie totale regionale.

Un valore inferiore al dato nazionale, che si colloca al 7,64 per cento. Rispetto al 2018 si è registrato un incremento di suolo consumato pari a 223 ettari. Una notizia positiva arriva sul fronte della qualità delle acque, sebbene le ultime valutazioni oggi disponibili appartengano soltanto al triennio 2014-2016. I fiumi registrano uno stato chimico buono nel 91 per cento dei casi e uno stato ecologico tra elevato e buono nel 39 per cento. Infine le acque monitorate sono risultate balneabili al 100 per cento.

Matteo Viberti

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