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Polonia, un termometro per l’Unione europea

Basta consumi e moltiplicazione dei profitti

Nell’Unione Europea tutti i 27 Paesi sono uguali, in situazioni particolari qualcuno è anche più uguale degli altri o per dimensione geografica o economica, come la Germania, o per orgoglio nazionale, come la Francia o, nel caso della Polonia, per la sua storia recente e per le sue evoluzioni politiche attuali. Si tratta di un Paese entrato nell’Ue nel 2004, cresciuto economicamente in questi ultimi 15 anni, collocato sulla carta d’Europa ai confini di Russia e dintorni e, nonostante che la sua popolazione superi di poco i 38 milioni di abitanti,  con una rilevanza politica che non lascia indifferenti i suoi partner europei. Tutti fattori che rendevano particolarmente interessante la data del 12 luglio,  giorno del ballottaggio delle elezioni presidenziali.

La via della democrazia e l’avvento della destra sovranista

La storia recente della Polonia è nota: imboccata con coraggio la strada della democrazia nel 1987 sotto la spinta del sindacato Solidarnosc, ha alternato dopo il 1989 governi di centro-sinistra con governi di centro-destra, approdando nel 2015 a un governo monocolore di destra, confermato da una larga maggioranza guidata dal partito di destra Diritto e giustizia (Pis), vittorioso alle elezioni europee del 2019. Nel corso di questa evoluzione politica, la Polonia nel 2018 è stata richiamata dall’Ue per comportamenti non conformi allo Stato di diritto, in particolare a proposito del rispetto dell’indipendenza della magistratura e della libertà di stampa. La procedura di infrazione è tuttora in corso e un duro contenzioso resta aperto tra le istituzioni Ue – Commissione europea, Parlamento e Corte di Giustizia – e il governo polacco.

Duda in cerca di benedizione da Donald Trump

È anche questa inquietante evoluzione politica che rendeva particolarmente interessante il voto di domenica scorsa e che ha visto in competizione l’attuale presidente della Repubblica, Andrzej Duda,  sostenuto dalle destre con il sindaco liberale di Varsavia,  Rafal Trzaskowski, sostenuto dai partiti di centrosinistra. Per rafforzare il suo consenso il presidente Duda non aveva esitato, al vigilia del primo turno di voto, ad andare a cercare la benedizione di Donald Trump, ricompensato con molti elogi ma senza concedere segnali più concreti, come il sollecitato rafforzamento della presenza militare americana in Polonia, proprio mentre Trump ha annunciato di richiamare a casa migliaia di militari Usa di stanza in Germania.

Alle preoccupazioni europee per le infrazioni allo Stato di diritto e per la ricerca di un supplemento di alleanza oltre-Atlantico si sono aggiunte le manovre preelettorali del partito al potere intenzionato a fare votare a maggio nonostante la pandemia, per poi ripiegare su giugno ricorrendo a un sistema misto di voto nelle urne e per corrispondenza, con il rischio di possibili manipolazioni dell’esito elettorale, dopo una campagna elettorale in gran parte manovrata dal governo attraverso media e televisione pubblica.

Una vittoria che non conforta Bruxelles

Messe tutte in fila queste riserve, si può capire l’attenzione che nell’Ue si porta al risultato elettorale: da una parte gli altri Paesi di Visegrad (Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca), insieme con forze politiche simpatizzanti con i sovranisti polacchi – e tra queste, in particolare, la Lega e Fratelli d’Italia – e dall’altra i Paesi a dominante europeista che attendevano di misurare il consenso ottenuto dai movimenti nazional-populisti in questa fase di rilancio del processo di integrazione europea con il “Piano per la ripresa” proposto da Ursula von der Leyen. La vittoria di stretta misura della destra con poco più del 51 per cento dei voti non conforterà Bruxelles, anche se l’inatteso positivo risultato degli europeisti può essere di buon augurio per il futuro dell’Unione. A questo risultato un’attenzione particolare la presteranno Germania e Francia, con governi entrambi minacciati da un possibile rimbalzo delle destre in un momento decisivo per il futuro dell’Ue e per i futuri appuntamenti elettorali al di qua e al di là del Reno. E con esse anche l’Italia, in attesa delle consultazioni elettorali d’autunno che potrebbero mettere a rischio l’attuale maggioranza e riportarci su passate posizioni anti-europee, proprio nel momento in cui è indispensabile la solidarietà europea per far fronte a una crisi economica di dimensioni mai viste nell’ultimo secolo.

Franco Chittolina

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