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Dove è finita la conferenza sul futuro dell’Unione europea?

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo 1

BRUXELLES Qualcuno sembra essersene dimenticato, eppure la proposta era seria e cascava bene all’apertura della nuova legislatura Ue a luglio del 2019.

A proporre per primo una Conferenza sul futuro dell’Europa era stato il presidente francese, Emmanuel Macron, un’iniziativa ripresa con convinzione dal Parlamento europeo appena eletto, che puntava a farne un suo cavallo di battaglia in vista di un rinnovato progetto di integrazione europea, magari arrivando fino alla proposta di una revisione dei trattati.

La Conferenza per il futuro dell’Europa diventò fin da subito anche un obiettivo della Commissione europea, ripreso poco dopo anche dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo. Si fece allora anche un passo in più: le Istituzioni Ue si accordarono per convocarla nel corso del primo semestre 2020, alla vigilia del turno di presidenza semestrale tedesca per poi concluderla alla fine della presidenza semestrale francese nella primavera del 2022, periodo delle future elezioni presidenziali francesi.

Tutto questo convergere di buone intenzioni avrebbe dovuto consentire una decisione formale in proposito già a fine 2019 o subito all’inizio del 2020, ben prima dell’irruzione in Europa della pandemia da Covid-19.

Non è andata così, perché molto presto si sono manifestate divergenze tra le istituzioni, in particolare a proposito di alcune prime proposte.

Tutte e tre le istituzioni –  Parlamento europeo, Commissione e Consiglio europeo – hanno cercato di intestarsi l’iniziativa, non senza qualche buon argomento. Il Parlamento perché forte della sua legittimità democratica diretta, la Commissione perché detiene il potere di iniziativa e il Consiglio perché resta l’organo decisionale principale in una fase come questa. La divergenza traduce chiaramente una tensione tra istituzioni a vocazione federale quali, da una parte, il Parlamento e la Commissione e, dall’altra, il Consiglio da tempo orientato verso una deriva intergovernativa e già qui siamo nel cuore della questione: verso quale Europa muovere per il futuro dell’UE, verso quella orientata all’unione politica o verso una confederazione di Stati aggrappati al poco che resta della loro sovranità?

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Tensioni che si sono tradotte puntualmente al momento di indicare la personalità cui affidare la guida della conferenza: il Consiglio non ha gradito l’indicazione in favore di un parlamentare di vecchio corso e di forte sensibilità federalista, come nel caso dell’ex-primo ministro belga, Guy Verhofstadt.

Le difficoltà oggettive della pandemia hanno fatto il resto, offrendo l’occasione per un rinvio della convocazione della conferenza, la cui importanza è ancora stata richiamata dal Parlamento in una sua Risoluzione del 18 giugno nella quale esorta il Consiglio a «presentare rapidamente la sua posizione sul format e l’organizzazione della conferenza». Il momento per farlo è adesso, a 10 anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, a 70 dalla dichiarazione Schuman e, più ancora, nell’emergenza creata dal Covid-19. Un’emergenza che lungi dal motivare il rinvio dovrebbe invece imporre una riflessione urgente per un rilancio dell’Unione europea in dialogo con i suoi cittadini, «tenendo conto degli strumenti di ripresa esistenti dell’Ue – afferma il Parlamento – e della solidarietà già stabilita, garantendo nel contempo la sostenibilità ecologica, lo sviluppo economico, il progresso sociale, la sicurezza e la democrazia».

Tutti ingredienti necessari per tenere in vita il sogno europeo e riavviarlo a realizzazione.

Franco Chittolina

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