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La Comunità Laudato si’ in udienza da papa Francesco

Il Papa ha ricevuto sabato 12 250 rappresentanti dei gruppi nati sulla spinta dell’enciclica del 2015: erano accompagnati dal braidese Carlo Petrini e da monsignor Domenico Pompili

La Comunità Laudato si’ in udienza da papa Francesco

L’UDIENZA «Hasta la fraternidad universal siempre»: a papa Francesco, che nelle prossime settimane presenterà la sua nuova enciclica proprio sul tema della fratellanza, Carlo Petrini ha rivolto il suo saluto sabato 12 a Roma anche in spagnolo, abilmente adattando l’eco del Che – «Hasta la victoria siempre» –al tempo nuovo, alla terra futura da costruire insieme, il cattolico e il comunista, nel nome dell’ideale in cui il gastronomo braidese fondatore del movimento internazionale Slow Food, che ha da tempo rivelato un grande afflato con il Pontefice sui destini dell’umanità e del pianeta, ha sempre creduto.

L’udienza in sala Paolo VI per una rappresentanza, tra cui quelle albese e braidese, delle sessanta comunità Laudato si’ d’Italia (fondate da Petrini con il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili dopo il terremoto dell’Italia centrale) è stato così occasione per ribadire l’impegno alla diffusione e alla concretizzazione del messaggio dell’enciclica del 2015, per la quale l’“agnostico pio”, secondo la definizione dello stesso Francesco, curò la guida alla lettura all’edizione della San Paolo, chiamato dall’allora direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Sciortino.

Ha detto Carlo Petrini: «Abbiamo lentamente, slow appunto, fatto crescere questo movimento e oggi le comunità, diffuse in tutta Italia, operano nell’educazione ambientale e sul fronte delle piccole, ma buone pratiche quotidiane, che hanno una valenza incredibile per la società, ma si esprimono anche nella denuncia, quando ci sono abusi nei confronti della nostra Terra madre».

«Più della metà di noi prega quotidianamente per lei, papa Francesco; l’altra metà la pensa intensamente quando realizza delle buone intenzioni», ha poi spiegato Petrini, sottolineando l’apertura laica delle comunità: «Ma tutti le vogliamo un gran bene e ci vogliamo un gran bene: solo dalla certezza affettiva viene infatti la garanzia dell’autentica fratellanza».

E il Papa che ha deciso di chiamarsi Francesco non ha mancato di raccogliere la suggestione, esortando «a lavorare come fratelli, a costruire davvero la fraternità universale, ad alimentare la contemplazione e la compassione, ingredienti indispensabili dell’ecologia integrale», che potrà cambiare il mondo, non mancando la richiesta, accolta dagli applausi: «A coloro di voi che pregano, chiedo di pregare e a chi non prega di mandarmi buone onde: ne ho bisogno!».

Le comunità Laudato si’ – ad Alba esiste quella legata a Gazzetta d’Alba e a Slow Food, mentre a Bra i gruppi sono tre – rappresentano un movimento aperto a cattolici e no, che si propone di evidenziare con azioni concrete l’attuale discrasia dell’azione dell’uomo sulla natura, diffondendo e adottando anche negli stili di vita individuali il pensiero dell’ecologia integrale alla base dell’enciclica di papa Bergoglio da cui prendono il nome.

«È evidente», ha detto Francesco, «che i cambiamenti climatici non stravolgono solo gli equilibri della natura, ma provocano povertà e fame. L’incuria del creato e le ingiustizie sociali s’influenzano a vicenda. Non c’è ecologia senza equità e non c’è equità senza ecologia». E non è mancata pure l’indicazione chiara ai «responsabili delle Nazioni e delle attività produttive: serve la volontà reale di affrontare alla radice le cause degli sconvoglimenti climatici in atto. Non bastano impegni generici, parole. Non si può guardare solo al consenso immediato dei propri elettori e finanziatori». Il Pontefice ha esortato tutti a guardare lontano, «perché la vera sfida non è come ce la caviamo oggi, come usciamo da questa realtà, ma come sarà la vita della prossima generazione: i giovani e i poveri ce ne chiederanno conto».

Per passare dal pensiero all’azione, Francesco ha indicato la strada, attraverso due parole chiave: «contemplazione e compassione». Contemplare vuol dire «regalarsi il tempo per fare silenzio, per pregare, così che nell’anima torni l’armonia, l’equilibrio sano tra testa, cuore e mani, tra pensiero, sentimento e azione. Bisogna liberarsi dalla prigionia del cellulare per guardare negli occhi chi abbiamo accanto e il creato che ci è stato donato». Eppure, la contemplazione non è uno stato individuale, deve anzi portare all’azione, attraverso la seconda parola chiave: compassione.

«Compassione è il contrario della nostra indifferenza», ha detto Francesco, «del menefreghismo che entra nel cuore e finisce con un “si arrangi”: è anzi il vaccino migliore contro l’epidemia dell’indifferenza. La compassione ci fa scegliere di non avere nemici, per vedere in ciascuno il prossimo».

Per questo il Papa argentino ha esortato a una dura lotta quotidiana contro la cultura dello scarto delle persone e lo spreco scandaloso che si registra nei Paesi industrializzati: bisogna esigere «scelte politiche che coniughino progresso ed equità, sviluppo e sostenibilità per tutti, perché nessuno sia privato della terra che abita, dell’aria buona che respira, dell’acqua che ha il diritto di bere e del cibo che ha diritto di mangiare». Così, infine, il Pontefice di Roma – concordando con l’“agnostico pio” – ha coniugato il concetto di fratellanza: «Lavorare come fratelli, costruire la fraternità universale, alimentare la contemplazione del creato e la compassione».

Maria Grazia Olivero

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