PENSIERO PER DOMENICA – XXV TEMPO ORDINARIO – 20 SETTEMBRE
L’uomo è egoista per natura. Con la ragione può arrivare a capire l’eccellenza e la necessità della giustizia. Da solo non può né capire né mettere in atto la misericordia: per farlo ha bisogno della luce e della grazia di Dio.
Solo alcuni profeti come Isaia (55,6-9) sono entrati in tale confidenza con Dio da intuire il suo cuore misericordioso, totalmente diverso dal sentire umano: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri». Ma ancora ai tempi di Gesù, secoli dopo, questo non era il modo di pensare comune. Lo dimostra un midrash che è l’esatta antitesi della parabola degli operai della vigna di Mt 20,1-16. Un re tratta così i suoi operai: «Questi lavoratori fecero per me poco lavoro e io darò loro poco salario. Ma per te [che hai lavorato parecchi giorni] devo calcolare un conto considerevole» (R. Penna, L’ambiente storico culturale delle origini cristiane, EDB, p. 49).
La misericordia scandalizza i benpensanti. Scorrendo il Vangelo, ci imbattiamo spesso in qualcuno che si scandalizza del comportamento di Gesù verso gli “operai dell’ultima ora”: i poveri, i pescatori, i malati, i peccatori, le donne. Le lamentele degli “operai della prima ora” (tali si consideravano i giudei pii e osservanti) ricordano la reazione del fratello maggiore del prodigo e dei tanti nemici di Gesù. Il dono gratuito della salvezza non rientra nei nostri schemi, anche se comincia a diventare un po’ meno scandaloso se pensiamo che, secondo la parabola, il padrone rispetta il contratto di lavoro e corrisponde il salario pattuito. Con gli altri, abbonda nel regalo, come è nel suo diritto: «Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure sei invidioso perché io sono buono?». Gesù, nel commento, va oltre e proclama che questo è il suo stile, la logica del Regno: «Gli ultimi saranno i primi». La giustizia ci fa cittadini del mondo; la misericordia ci rende “popolo di Dio”.
Per capire la misericordia di Dio e farla nostra occorre fare come san Paolo: arrivare a una tale intimità con Gesù da poter dire come lui: «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). Paolo, come Gesù, è andato a cercare quelli che, per la sua formazione di fariseo, erano gli “operai dell’ultima ora”: i pagani, gli schiavi del porto di Corinto, gli ebrei-immigrati cacciati da Roma… Ma le parole che egli indirizza ai Filippesi – «Continuerò a essere d’aiuto a tutti voi per il progresso e la gioia della vostra fede» – sono anche il ritratto del credente adulto, che si realizza nel dono di sé agli altri. Fino a questo punto ci fa crescere la misericordia.
Lidia e Battista Galvagno